C’è un momento giusto per fare un figlio?

sesso-divertente-gravidanza_o_vlOggi la domanda che rivolgiamo alla nostra psicologa amica, la dottoressa Francesca Santarelli, è la domanda delle domande: “C’è un MOMENTO GIUSTO per fare un figlio?”

Esiste un’età giusta, una situazione giusta, insomma un qualcosa che ci faccia capire che è arrivato il momento per “aprire i cantieri”?

E a voi che ormai siete genitori chiedo: “Cosa vi ha fatto capire che era arrivato quel momento?”

In attesa delle vostre storie, dei vostri racconti, ecco cosa ha risposto la psicologa Francesca Santarelli:

“Il momento giusto per fare un figlio? Che domandona…. Certo è, che se cerchiamo una risposta a livello razionale non la troveremo mai e molto probabilmente il mondo finirebbe nel giro di pochi decenni per estinzione della specie umana!

Quante volte vi sarà capitato di pensare o sentir dire da qualcun’altro questa frase: “Se ci stai a pensare, soprattutto nella società di oggi e con quello che si sente in giro, è meglio non metterli al mondo i figli! E poi…che futuro potresti dar loro?”

Bè… a me è capitato molte volte e ritengo che dietro questa riflessione ci siano molte più verità di quanto si possa immaginare.

Quello che viene racchiuso in questa frase in realtà è solo una proiezione più pratica, concreta e sociale di una serie di abissi inconsci fatti di timori, fantasmi interiori, riflessioni e dubbi che appartengono ad ogni donna che si affaccia  anche solamente al pensiero, della maternità.

Sempre più spesso infatti oggigiorno, molte donne trovano una serie di alibi che raccontano anche a se stesse e demandano il “momento giusto” per avere un figlio a situazioni di vita ancora non stabili quali: una situazione lavorativa adeguata, una casa, un compagno affidabile, ecc…

Certo che tutte queste cose sono dei contorni non da poco né tantomeno da trascurare, ma raramente costituiscono il vero ostacolo al raggiungimento della meta FIGLIO.

Quando una donna ancora non è madre dà una serie di priorità nella sua vita, sceglie cosa mettere al primo posto e perché, si immagina (forse), come sarà un domani avere una sua famiglia e magari condivide con sorelle, cugine o amiche la loro esperienza di maternità, creandosi nella mente una sorta di aspettativa futura di ciò che un domani potrebbe vivere lei o al contrario, rassicurandosi che lei ancora non è pronta o forse non lo sarà mai.

Ma arriva sempre un punto, nella vita di ogni donna, in cui la tematica “figlio” appare nella propria testa. Vuoi perché le pressioni sociali cominciano a farsi sentire, o l’orologio biologico comincia a reclamare o il proprio compagno esprime i suoi primi desideri di genitorialità, ma non si scappa: prima o poi quella domanda e quel pensiero cominciano ad convivere con noi.

Qualcuna non ci pensa due volte e mette subito il bebè in cantiere senza porsi troppe domande, qualcun’altra  ci pensa troppo e continua a rimandare o negare ogni istinto materno e altre, valutano, pensano e decidono quando dar l’avvio ai “lavori in corso”.

Ma esiste davvero un momento giusto? Un’età giusta? Una situazione più adatta di altre?

E poi, giusto per chi? Chi lo stabilisce?

Non voglio certo essere io quella che detta la regola di quando lo sia “questo fatidico momento giusto” per fare un figlio perché in realtà non c’è una riposta che vale per tutte noi.

Ogni donna ha i suoi tempi, le sue motivazioni, le sue priorità, e spesso anche i suoi alibi per rimandare o meno questo delicato momento della propria vita che è il diventare madre.

Certo è che non si può decidere “con la testa”, cosi come non si possono comprendere a fondo nessuna delle situazioni di vita che non si sono conosciute personalmente.

Anche quando si ascoltano i racconti delle altre mamme ad esempio, di quello che provano, di quanto amore, di quante rinunce, sacrifici, soddisfazioni legate ad un figlio prima che tutto ciò ci riguardi personalmente, non si può immaginare neanche la metà di tutto questo.

Si sa che bisognerà rivoluzionare ogni aspetto della propria vita e di se stesse.

Si sa che cambieranno le priorità e l’ordine di ogni cosa.

Si sa che bisognerà rinunciare un po’ a se stesse e ai propri spazi.

Si sa che ne risentiranno tutte le nostre relazioni sociali e sentimentali.

Si sa, perché lo si sente dire spesso, “un figlio ti cambia la vita”!

Ma spesso questa frase viene ascoltata con superficialità e relegata alle frasi popolari che si sentono dire ogni giorno, come quando si affronta una conversazione con un estraneo e si inizia a parlare del meteo per rompere quell’imbarazzo che spesso si viene a creare e che ci porta a dire quelle frasi già fatte del tipo: “ Non ci sono più le stagioni di una volta”!!!

È vero, anche sulla maternità girano le stesse frasi e non si prendono sul serio, come fossero ormai frasi di circostanza. A volte infastidiscono addirittura o ti fanno cadere nell’illusione che per te non sarà cosi, che  tu riuscirai a organizzarti per bene e che starai attenta a non trascurare nessun aspetto della tua vita, tanto meno te stessa!

(rimandiamo il continuum a quando poi il piccoletto arriva….!”).

Ma da mamma, e da donna a donna,  posso dirvi questo amiche mie: non esiste un momento giusto per cui decidere di fare un figlio, un momento in cui ti sentirai pronta ad affrontare tutto quello che un bebè comporta, a sapere come e quando sarà il tuo turno.

Nella maternità nulla è prevedibile!

Niente di tutto quello che proverai lo potevi immaginare anche solo in minima parte.

Ma se mi metto nei panni del ruolo di professionista che in questa occasione ricopro, posso invece portarvi a fare delle riflessioni più profonde e mi permetto di dare delle linee guida che spero possano servirvi per darvi la risposta che cercate.

Se penso alle situazioni cliniche che vedo tutti i giorni nel mio lavoro, se penso a quante storie familiari ho ascoltato con attenzione e con quanti bambini e adulti “irrisolti” ho dovuto lavorare per render loro una maggiore serenità, mi permetto di dire che forse, a livello psicologico, ci dovrebbe essere quel famoso “momento giusto” per diventare mamma.

Diciamo subito che un figlio non si decide di fare perché: “Ormai ho l’età; è tanto che sono sposata o ho una storia importante;  perché lo hanno fatto tutte le mie amiche; perché mi chiedono tutti quando mi deciderò a fare questo passo; perché lo vuole il mio compagno, ecc…

Un figlio non si mette al mondo per risolvere problemi personali, familiari, esistenziali o di coppia, né tanto meno per colmare vuoti interiori o dar senso alla propria vita ritenuta noiosa.

L’unica certezza che posso darvi è che un figlio nasce prima nella testa che nella pancia!

Un figlio si comincia a pensare, immaginare, sognare… Per amore, per desiderio di completezza di se stessa e della propria vita, per lasciare al mondo un pezzetto di te.

Forse allora, in questa ottica, il momento giusto per diventare madri è quando sei “risolta” con te stessa, quando non hai conti in sospeso, quando non ti serve un per mettere una toppa su vecchie o attuali ferite, ne per ripagare mancanze e delusioni che ti porti dietro dalla tua infanzia.

Un figlio deve essere amato e accudito, non deve accadere il contrario, e cioè che sia lui a dover sostenere e accudire noi!

I rischi, in queste circostanze, è che i figli diventino significato di altro. Rischiano di essere bersagli su cui proietti e riversi le tue frustrazioni, le tue emozioni negative, le tue insoddisfazioni di vita, i tuoi desideri inesauditi e i tuoi bisogni mancanti.

Ecco che allora posso dire che il momento giusto per avere un figlio è quando sei risolta tu come persona e sei pronta a mettere quel bimbo, nell’unico posto  e ruolo in cui deve stare: quello di FIGLIO e nient’altro!”

 

 

Copertina-Mamme-No-PanicPer appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio:  www.studiosantarellidecarolis.com 

Francesca Santarelli è in libreria con il libro “Mamme No Panica”, scritto a quattro mani con Giuliana Arena.

 

68 risposte a “C’è un momento giusto per fare un figlio?

  1. Ho letto con molto interesse tutti i commenti. Le emozioni che provo in questo momento sono molte e per dirle in una sola parola mi sento fuori luogo.
    Io vivo a roma, ho sempre vissuto a roma. Sono una ragazza tranquilla, molto tranquilla, timida e introversa. Non avevo molti amici e non ho fatto grandi esperienze. Questo è un dato di fatto.
    Economicamente parlando la mia famiglia era/è normale. Ma avevo qualche cosa di firmato tipo i levis 501 sia jeans che camicia, era un must ai miei tempi, le superga, altro must, l’invicta, lo zaino l’ho usato 6 anni, perchè anche se avevo qualche cosa di firmato i miei mi hanno comunque insegnato ad apprezzare le cose ecc ecc ecc
    Andavo in discoteca, dai 20 anni circa, e facevo tardi la notte. Sempre a 20 anni avevo un ragazzo universitario fuori sede quindi aveva casa in affitto e io rimanevo a dormire da lui, e mia madre lo sapeva.
    Andavo ai concerti tipo il Heineken Jammin’ Festival a imola, il primo ve lo ricordate? I fan di vasco rossi come me sicuramente se lo ricordano, la notte, dopo il concerto l’abbiamo passata sul treno, a firenze, alle 8 di mattina appena scesa per prendere la coincidenza per roma la prima cosa che faccio è andare alla cabina, non avevo il telefono, solo pochi ce l’avevano, 1996 mi pare, e chiamo mia madre e le dico: “Mamma sono a firenze” e le elenco tutti gli orari, partenza treno da firennze, arrivo a roma e infine ora di arrivo a casa.
    Altro esempio, Spesso andavo in discoteca solo con amiche, e li mio padre si incazzava e io mentivo. Lui voleva che non andassimo in discoteca solo ragazze ma almeno ci doveva essere un amico tipo guardia del corpo. Poche volte ho mentito i miei sapevano tutto, con chi andavo e cosa facevo.
    Questa è la realtà che ho vissuto, ripeto sono una persona con la testa sulla spalle pure fin troppo, al limite dell’essere rincretinita qualche volta. Vedremo come mi comporterò con elisa
    Scusate lo sfogo personale

  2. Silviafede : un conto è un oggetto che ti aiuta tipo lavastoviglie e un conto è che senza le timberland non esci di casa, io quelle non le ho mai avute avevo le lamberjeck e sono vissuta benissimo! io ho un cell normalissimo da 4 anni LG perche preferisco dare da amngiare a mio figlio e stamattina al bar la mamma di un compagno di classe di jacopo aveva il samsung 6 nuovo però aveva i soldi x la colazione, capisci il concetto?

  3. @Marco: buongiorno Marco, mi scusi ma lei estremizza spesso e volentieri le frasi che vengono dette….anche nel mio caso l’ha fatto. Il discorso e’ partito dai cellulari, quando ho parlato di oggetti di uso comune mi riferivo a questa categoria, cellulari, pc, tablet, ecc che sono i mezzi di comunicazione di questa generazione…dire che noi non ce l’avevamo e siamo cresciuti bene lo stesso la trovo una frase sciocca proprio perche’ ogni generazione ha i suoi oggetti e i suoi strumenti e non si puo’ paragonare il presente con il passato. Chi ha mai parlato di droga, di alcol, di prostituzione? Il pensiero nemmeno mi sfiora, perche’ lei arriva sempre a questi estremi? Io sono cresciuta in un ambiente sano e pulito, lo stesso che sta frequentando mio figlio che e’ ancora piccolo ma si sta gia’ formando la prima cerchia di amicizie nel quartiere ….famiglie tranquile, normali, dove nessuno si droga o spaccia o si prostituisce….queste cose non sono mai entrate nella mia vita e mi auguro in quella di mio figlio, non le ritengo abitudini comuni, ne’ la normalita…possedere un cellualre e scambiare messaggi su wa con gli amici a 12 anni invece si…

  4. @SilviaFede: non avrei saputo dirlo meglio. Concordo parola x parola. Aggiungo solo una cosa. Mi riferisco sia al fatto che la società siamo noi, sia a precedenti commenti in merito alla chiusura mentale intesa però come un voler avere ragione per forza e senza possibilità di convivere con persone che la pensano diversamente da se stessi. Queste persone mi spaventano a morte. Immaginare le mie figlie con fidanzati/mariti di questo tipo…beh mi fa preoccupare e non poco. Per rispetto si intende anche convivere con chi la pensa all’opposto da noi. Possiamo non essere d’accordo ma cmq rispettare il parere altrui. Ecco le persone che vanno avanti con i paraocchi o per partito preso, secondo me sono il male di questa società.
    I figli, a mio avviso, che vengono su con questi genitori saranno gli stessi che a scuola devastano tutto ciò che capita. Che non rispettano l’insegnante e che arrecano disturbo ad altri compagni che magari fanno notare loro che non hanno propriamente ragione.
    Vabbe forse sono andata fuori tema.

  5. Buonasera.
    @ SilviaFede.
    Cara sig.ra, a parte i nostri gusti in fatto di politica, abbiamo sempre avuto un rapporto cordiale e istruttivo. Leggendo il suo ultimo commento, non posso che non essere d’accordo con lei e sinceramente una sua frase mi ha molto colpito. “Tenere fuori i nostri figli, da tutto ciò che è di uso comune, fa di loro degli emarginati”. Mi permetta. Una frase del genere, detta da una mamma è sconcertante. Mi auguro che tutto ciò, non lo pensi veramente. Noi siamo la società e su questo non ci piove, ma è anche vero che noi siamo i genitori e il nostro obbligo è quello di indirizzare i nostri figli, verso la strada giusta. Tutto ciò che è di uso comune, non sempre è un segnale da seguire. La droga, l’alcool, la prostituzione, sono tutti fattori di uso comune e le dirò di più. In certi ambienti, vieni emarginato se non fai uso di cocaina, o di altre droghe simili. Secondo lei, tenere fuori i nostri figli da tutto questo, li emarginerebbe ? mi auguro solo, che non sia stata chiara nel suo commento e abbia tralasciato delle precisazioni. Se così non fosse, incomincerei a preoccuparmi. Questa società è indubbiamente malata e i veri responsabili siamo anche noi, ma insegnare ai nostri figli, quello che secondo noi è sbagliato o giusto è un nostro sacrosanto dovere. Un ragazzino di 15 anni che rientra alle 5 del mattino è indubbiamente sulla strada sbagliata. A 18 cosa fa ? si porta a casa l’amica e la fa dormire nel letto dei genitori, costringendoli ad andare a dormire in albergo ? in tutte le cose che i nostri figli ci chiedono, ci deve essere un limite invalicabile. Maggiorenni o minorenni, non c’entra nulla. Fino a quando decidi di vivere sotto questo tetto, sai che devi sottostare a delle regole ben precise. Gli emarginati, sono quelle persone prive di educazione e di morale. Questo è quello che molti genitori, non hanno mai capito e mai capiranno. Un abbraccio.
    Cordialmente.

  6. @Carmela: le salette private, di solito (a meno che non è un night club con spogliarelliste) nelle discoteche non sono luoghi di perdizione, semplicemente un posto dove stare con gli amici senza la ressa delle altre persone. “Mi ha fatto schifo”, a meno che – ripeto – con la saletta non fossero incluse ragazze di un certo tipo “in omaggio”… magari è troppo. Magari voleva solo essere gentile col figlio di un cliente.

    Io sono andata in discoteca la domenica pomeriggio per prima volta a 17 anni per qualche tempo (ai miei non piaceva, quindi non c’erano richieste che tenessero per mandarmici, ma mio padre ha perso una scommessa! 🙂 ), poi non ci sono più andata e ci ho rimesso piede ogni tanto intorno ai 19 anni. Intorno ai 23/24 anni con un’amica andavamo da un’altra nostra amica che studiava a Cesena, quindi si faceva un fine settimana a ballare.
    Ma se una persona è intelligente e non frequenta amici ubriaconi/drogati, o non si fa influenzare da questo tipo di sostanze…. la discoteca non è pericolosa.
    In teoria si dovrebbe sapere se un figlio a 20 e passa anni ha la testa sulle spalle o no, perché ti puoi ubriacare o strafare pure a casa di amici alla festa nel giardino di casa.

  7. Buonasera,
    mi sembra da tanti commenti che il figlio sia spesso ridotto a un oggetto: quello che costa, che vale, che produce e da qui , quindi, la domanda: quando è il momento giusto per farlo? diventa il più delle volte: quando me lo posso economicamente permettere?
    Io sono la prima di 4, non ho fatto tante gite, vestiti prestati e usati,casa piccola in affitto…. certo, ci sono state tante rinunce (che però colgo solo adesso, devo dire) ma non le cambierei mai con l’arrivo inaspettato di una sorella a 16 anni! Nè col rapporto bellissimo che ho coi miei fratelli che ora mi sono come amici e portano con me il peso della vecchiaia dei nostri genitori e la condivisione della vita. Mai! I miei genitori si sono fatti un mazzo così, e non è mai stato tutto rose e fiori, innegabile. Ma hanno dato la vita a 4 creature che vivranno per sempre, e sopratutto hanno vissuto nella fatica ma non nell’ansia di controllare il futuro, fidandosi di Dio. Io che ora aspetto il quinto trovo continuo incoraggiamento nelle mie fatiche. Preferisco ammazzarmi di fatica che far passare la mia vita inutilmente.

  8. @Silviafede, sono d’accordo con te. Se si va a ballare in discoteca è quella l’ora in cui si rientra. Io lo ribadisco, l’ho già detto tempo fa in un altro commento, i miei non amavano le discoteche e non ci sono andati. solo Andrea un giorno ha espresso il desiderio di andarci, e ce lo ha portato Luca (parliamo comunque di ragazzi che avevano superato i vent’anni, prima non l’aveva mai chiesto), in una discoteca famosa a Roma, di un cliente di mio marito. Mio marito ansioso lo chiama e gli dice che la sera i ragazzi volevano andarci, e il cliente gli dice che lascia detto all’entrata di farli passare. In questa discoteca non fanno entrare tutti. Io ero moooooolto preoccupata, ma comunque dico va bene. Sono rientrati presto, e il mattino dopo Andrea mi fa: No non mi piace, non ci vado più. L’amico di papà mi ha detto che mi metteva a disposizione una saletta privata. Ma per chi mi ha preso? Mi ha fatto schifo.
    Dio Ti ringrazio!

    Per quanto riguarda l’uso della tecnologia, sono d’accordo, io non so fare quasi niente, accendo e spengo il computer, scrivo, ma per qualsiasi altra cosa chiamo i ragazzi. Mi piace molto il fatto che anche se mio figlio è in Canada, riesco a parlarci e vederlo tutti i giorni. Non sono preoccupata per lui, perché lo vedo mentre mangia, mentre fa le pulizie, mi dice mamma parla io intanto pulisco perché dopo vado al lavoro. mi fa vedere la sua casa, quello che compra, cosa mangia. Certamente se non potevo vederlo e sentirlo (a volte penso ai nostri emigranti di tanti anni fa, partivano e i loro parenti non sapevano per mesi come stessero), sarei stata molto male, pensando sempre chissà che sta facendo, se sta bene, se mangia. Quindi viva Skipe. Naturalmente se ne deve fare buon uso, sia di internet, che telefoni e compagnia bella.
    Anche a me Silvia è venuto in mente l’esempio che hai fatto della nonna, della mamma e della lavatrice.

  9. @ginger: sei venuta su perche0 la nostra generazione non aveva il cellulare….nemmeno io lo avevo perche’ non esisteva, ma magari avevo altre cose che i miei genitori si sognavano e loro a loro volta cose che i miei nonni si sognavano…e’ cosi’ ogni generazione gode di oggetti del progresso, vale per i ragazzi ma anche per noi adulti. Se tua nonna (che non so se hai ancora quindi e’ puramente figurato l’esempio) ti dicesse “oggi con queste lavatrici…io ho sempre lavato i panni a mano e non sono morta anzi sono campata 100 anni!” (o la lavastoviglie o i pannolini per i bambini o gli assorbenti per noi donne per citarne alcuni) tu le daresti ragione? Non credo perche’ la maggior parte degli oggetti di cui stiamo parlando sono diventati di uso comune ed hanno modificato le nostre abitudini e non sono d’accordo sul demonizzarli o vederli come mezzi inutili….e’ l’uso responsabile che fa la differenza e non il possesso
    @Marco/Carmela: a 15 anni le 5 del mattino sono fuori ogni logica ma da piu’ grandi dipende da che ambiente si frequenta. Se si va a ballare e’ inevitabile fare quell’ora, visto che i locali prima dell’una non aprono…io non li ho mai frequentati, il mio gruppo di amici era da pub e non da ballo ma chi li frequentava a 18-20 anni tornava la mattina…
    Ribadisco quello che ho gia’ affermato non mi piace questo attacco verso la societa’ come se fosse qualcosa a noi estranea, noi siamo la societa’, noi scegliamo cosa dare ai nostri figli e noi siamo responsabili dell’educazione al valore e all’uso responsabile di cio’ che hanno.
    Tenerli fuori da tutto cio’ che e’ di uso comune fa di loro degli emarginati, se tutta la classe alle medie comunica con wa e tuo figlio e’ l’unico che non ce l’ha e’ inevitabile che non venga coinvolto in certi momenti di aggregazione….da qui a regalargli un cell costoso e a farglielo usare 24 ore al giorno c’e’ tutto un modno di vie di mezzo…ma negarglielo non ne vedo il motivo, specie se quello che ci spinge e’ io sono cresciuto benissimo senza…che poi vorrei conoscere chi davvero con figli adolescenti fa una scelta del genere…

  10. Mi ero persa le 5 del mattino!! ma siamo matti????? manco adesso io rientro a quell’ora figuriamcoi se lo avessi fatto quando vivevo dai miei altro che pornto soccorso, era già pronta per la bara direttamente! il commento di carmela è chiaro ha impiegato molto tempo ma i risultati si vedono eccome se si vedono!

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