Perché un bambino piccolo vuole stare sempre in braccio?

mamma-e-bimbo_490

 

Amano da morire essere cullati, abbracciati e coccolati dalla mamma e dal papà. Dormono come ghiri quando li si tiene in braccio, ma appena vengono appoggiati, anche con la massima cura e delicatezza,  su un comodo materasso si svegliano e piangono come pazzi.
Ovviamente sto parlando dei bebè.
Vi riconoscete in queste scene? Chi ha avuto un figlio sicuramente sì.

Mio marito diceva che Marco aveva l’altimetro incorporato: se lo teneva in braccio, ma con lui in piedi, dormiva sonni profondi. Ma se si sedeva, il piccoletto si svegliava all’istante.

Momenti indimenticabili, carichi di tenerezza. Ma anche molto molto faticosi.

Ma perché i bambini piccoli vogliono stare sempre in braccio? E soprattutto: è giusto accontentarli o sarebbe meglio lasciarli piangere per un po’, per non viziarli?

Non so voi, ma io non sono mai riuscita a rimanere impassibile di fronte al pianto dei miei figli. Andavo in tilt. Scattavo come una molla al primo urletto e correvo da loro. Sempre.
“Così li vizi”, “Così vorranno stare sempre in braccio”, “Così non si scolleranno più”… Mi sentivo dire.
Ma io ho fatto quello che mi suggeriva l’istinto di neo mamma.

Di questo ci parla oggi la nostra Psicologa Amica, la dottoressa Francesca Santarelli: bimbi in braccio, giusto o no?

Ecco cosa ci dice:

 

“Si sa, quando un bimbo è proprio piccolo, ci sono tanti aspetti positivi e tanti negativi (come in ogni tappa evolutiva) e molte mamme, mi raccontano che trovano davvero molto faticoso, il fatto che il bebè pianga spesso perché, si capisce, vuole sempre stare in braccia e non le lascia libere neanche di fare la pipì.
Premettiamo che non tutti i cuccioli sono uguali, così come non sono uguali i vissuti emotivi di ogni mamma di fronte al pianto del loro bimbo.
Ma mi sembra corretto, nei confronti di coloro che vivono e mi raccontano questa personale fatica, spiegare loro il perché, i cuccioli di neonati, cercano e hanno bisogno cosi tanto di stare in braccio alla loro mamma.

La ricerca del contatto costante con la figura materna nei primi mesi di vita è del tutto normale ed esprime una predisposizione innata che ha la finalità di proteggere i piccoli dai pericoli e, in questo modo, assicurarne la sopravvivenza.

Santarelli2014_piccola

Dott.ssa Francesca Santarelli

Proprio osservando il comportamento dei cuccioli di scimmia e dei bambini nel primo anno di vita, lo psicanalista John Bowlby elaborò la prima formulazione della “teoria dell’attaccamento”, con cui si intende appunto il legame che sin dalle prime ore di vita si instaura tra il bebè è la figura che se ne prende cura, descrivendo le caratteristiche essenziali: ricerca e mantenimento della vicinanza fisica; angoscia di separazione; uso di questa figura quale punto di riferimento in cui ritrovare sicurezza e protezione.
Soprattutto dal secondo mese di vita, da quando cioè il bimbo inizia distinguere la figura di attaccamento dalle altre, le richieste di vicinanza e attenzione tendono a diventare più numerose e insistenti.

In particolare, uno dei modi più frequenti di esprimere queste esigenze consiste nel voler stare sempre in braccio alla mamma e nel piangere e lamentarsi tutte le volte che viene adagiato nella culla o comunque mantenuto a distanza.

La consapevolezza che non si tratta di un capriccio bensì della manifestazione di un impulso naturale e comune a tutti i bambini di questa età, dovrebbe aiutare la mamma a reagire con comprensione a questa richiesta senza la preoccupazione di “viziare” il piccolo alle braccia e/o di favorire abitudini difficili in futuro da fargli poi abbandonare.

L’attaccamento nel bambino è fortemente condizionato dal tipo di reazione dell’adulto. È consigliabile mantenere un corretto equilibrio tra un atteggiamento iperprotettivo- che spinge la mamma a prendere in braccio il piccolo al primo accenno di pianto- e un eccessiva rigidità che induce i genitori a pretendere, a fini educativi che, sin dai primissimi mesi di vita, il bebè si abitui a stare da solo.

Entrambi questi comportamenti rischiano di attivare un legame di attaccamento squilibrato in cui, da un lato, al piccolo non è dato modo di individuare gli strumenti per auto consolarsi e quindi conquistare progressivamente un po’ di autonomia rispetto la figura materna, dall’altro, proprio l’insicurezza prodotta da un modo di fare meno empatico e più distaccato, produce una crescente dipendenza nel bebè, e di conseguenza un aumento della richiesta di attenzione, che tende a trascinarsi negli anni.

Se ogni mamma partisse dalla consapevolezza che tutto questo richiama una componente naturale di ogni bambino, forse imparerebbe, fin da subito, a decodificare certe richieste del piccolo seguendo il corretto vocabolario per sintonizzarsi con i suoi bisogni, senza preoccuparsi di “detti popolari” o di pareri di altre persone che raccomandano di non viziare alle braccia o giudicano quello che facciamo.
Sapere e conoscere certe cose, di permette di certo di poter scegliere più sensatamente come gestire il pianto del nostro piccolino.”

 

Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com 

4 risposte a “Perché un bambino piccolo vuole stare sempre in braccio?

  1. Ciao sono Melania ho due bambine piccole di 3 e 1 la piccola sta sempre in braccio non riesco a fare nulla mi stasera aiutatemi e datemi un consiglio

  2. ummammma che argomento attuale!!! 😉
    la seconda bimba non ha mai amato stare in braccio, anzi, si fa capire quando vuole stare sdraiata e addormentarsi da sola. Problemino: ora che ha piu’ di sei mesi ha capito benissimo che dall’alto si vedono moooooolte piu’ cose e quindi vuole stare in braccio (e si fa capire benissimo 🙁 ) per poter avere tutto sotto controllo!!!! :O

  3. Ciao Maria, non me ne parlare del piangere x venire in braccio… Luca si cercava il contattto ma stava anche volentieri giù, nel lettino, nel box o sul tappeto, Fabio invece i primi mesi mi cercava in maniera incredibile, non riuscivo a fare nulla, nemmeno ad andare nell’altra stanza, poi ha cominciato il nido e sta più giù. dipende dal fatto che andando al nido impara a staccarsi dalla mamma e stare con gli altri? boh, io so solo che Luca è andato al nido a 3 mesi e mezzo e Fabio a 5 e mezzo…
    però tutti e due avevano (e Luca ancora adesso a volte) bisogno del momento della coccola, tutti e due nello stesso momento della giornata. Fabio (ma anche Luca prima dell’anno) dopo cena mi cerca, vuole venire in braccio e ci sdraiamo sul divano, lui sopra di me, con la testolina (dura) sul mio petto e lo vedo ridere, sollevare la testolina, guardarmi negli occhi e ridendo sputarmi il ciuccio per poi ridacchiare… poi di corsa arriva Luca e … ciao! per me è finita… tutti e due addosso che fanno la “lotta” per darsi i baci a vicenda e io sotto a lamentarmi delle gomitate infilate da ogni parte…
    ma che bello è coccolarseli… <3

  4. IO Maria esattamente come te scattavo e scatto come una molla al pianto di jacopo, sbaglio? boh forse pazienza ma se piange ha bisogno io diq eusto ne sono convinta, se non è serio sdrammatizzo sennò consolo . jacopo ha dormito in braccio notte e giorno x 4 mesi, non me ne pento e non sono impazzita anche grazie all’aiuto di mia mamma che mi dava il cambio, poi una sera è andato enl lettino e basta da li ha cominciato a dormire piu o meno tutta la notte li! perchè? boh non me lo so spiegare, anche adesso lui è molto affettuoso, coccolone, ha rporpio bisogno del contatto fisico prima e dopo la nanna, e onestamente con mia garnde gioia!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *