Gli spasmi affettivi: quando il “no” dei genitori turba il bambino fino allo svenimento

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Può essere che un “no” detto da mamma e papà possa contrariare così tanto un bambino piccolo da causargli una crisi di pianto fino allo svenimento?
Sì, è proprio possibile. Si chiamano spasmi affettivi.
Ma dire sempre di sì non è possibile. E allora che fare?
Ecco cosa consiglia la psicologa, la dottoressa Francesca Santarelli.

 

Con il senno di poi, ci si ride pure sopra: i bambini sanno essere melodrammatici e in certe occasioni sanno mettere in atto reazioni così plateali che ci spaventano e ci lasciano in scacco. Capita che le loro reazioni siano così “forti” “che sul momento non sappiamo come classificarle, gestirle, ne tanto meno capire se sono normali o no.

Una di queste, è caratterizzata dagli spasmi affettivi: situazioni che spesso fanno accorrere le mamme ad una visita urgente e preoccupante con il pediatra e che spaventerebbero anche il genitore meno ansioso del mondo.

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Dott.ssa Santarelli

Perché lo spasmo affettivo è uno svenimento a piena regola con tanto di occhi rovesciati all’indietro, labbra tendenti al viola e viso cianotico. Capita dopo che il bambino ha pianto fino a trattenere il respiro, entra in uno stato di apnea volontaria che impedisce al sangue di ricevere ossigeno e in questo modo perde i sensi. Una situazione che dura pochi secondi, ma che mette a dura prova le coronarie di ogni genitore!

In realtà non c’è da preoccuparsi: il bambino non corre alcun pericolo (per fortuna!), dal momento che una volta svenuto, riprende poi a respirare autonomamente. Non si tratta di una malattia, ma di una reazione emotiva del piccolo a qualcosa che lo ha contrariato. Ma cosa può turbare un piccolo di 2 anni a tal punto da svenire?

Basta un rimprovero aspro, un “no” che coglie il bambino in un momento di forte opposizione, anche l’incapacità del bimbo a tollerare la frustrazione porta a una reazione spropositata.

Con un obiettivo: ottenere la massima attenzione da parte degli adulti, in particolare della mamma che, in genere, fa di tutto per assisterlo e rincuorarlo.

Ecco, il problema sta proprio qui….

Perchè, se il bambino capisce che con quel comportamento, tiene in scacco la famiglia,  finisce per sfruttare la situazione è arriverà a provocarsi delle  vere e proprie crisi per ottenere sempre quello che vuole.
Cosa fare allora?
Conviene già, in occasione di un primo episodio, rassicurare il piccolino, garantirgli che non è successo  nulla, stargli vicino, aspettando che si calmi da sé.

Quindi, analizzare con calma la situazione, magari anche con l’aiuto del pediatra, per individuare un modo più efficace di porgere i no necessari ( e utilissimi!) o per aggirare i capricci senza scatenare scontri dilanianti. Lo so che di fronte a situazioni del genere è difficile tenere presente la teoria, perchè si passa in uno stato emotivo di allarme  e di preoccupazione, ma ricordiamoci che i nostri piccoli cuccioli, capiscono benissimo i nostri punti deboli e sanno quando e come stuzzicarli per ottenere ciò che può essere usato a loro vantaggio.

Trattenere il fiato però, fino a svenire, non è una condizione che si puo prolungare come comportamento ricattatorio abituale e soprattutto utile e funzionale, sta a noi interromperlo per tempo!

 

Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com 

Una risposta a “Gli spasmi affettivi: quando il “no” dei genitori turba il bambino fino allo svenimento

  1. Lorenzo aveva questo tipo di reazioni, non tanto di fronte a un mio no quanto di fronte a un grosso spavento o dolore.
    La prima volta era stato un shock per noi: viso cianotico, labbra viola, si accasciava per terra con lo sguardo nel vuoto. Poi improvvisamente lanciava un urlo liberatorio e iniziava finalmente a piangere. La maestra del nido ha perso 10 anni di vita quando lo ha fatto con lei… La pediatra ci aveva tranquillizzato dicendo esattamente quello che ho letto qui sopra e con il consiglio di uno psicologo si è piano piano risolto tutto. Avevamo trovato una strategia comune in questi casi. Lorenzo sapeva che quando gli capitava doveva andare in bagno a bagnarsi i polsi e in questo modo riusciva a controllare meglio le sue reazioni e anche io le affrontavo con più tranquillità.
    Ricordo un giorno al parco, un bambino gli tirò un grosso sasso in testa. Lo vidi venire verso di me lentamente con la mano alla testa e la bocca aperta senza piangere e senza respirare. Gli corsi incontro e lui si buttò per terra in braccio a me, ormai viola. Li non c’era un rubinetto per bagnarsi i polsi ma in compenso c’erano le mamme intorno a dirmi “poverino, guarda che si è fatto tanto male, il sasso era grosso!” e io… “Si ma prima mi preoccupo di farlo respirare!” Per fortuna sono riuscita a mantenere la calma perché sapevo che non era in pericolo ma finchè non ha urlato ho quasi smesso di respirare pure io… !

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