Quando un bambino è timido, “arrendevole”, indifeso: che fare? La psicologa

bambina_timidaOggi affrontiamo con la dottoressa Francesca Santarelli un tema che sta a cuore a tanti genitori: i figli timidi, “arrendevoli”, che non si sanno difendere dai compagni.

Quante volte al parco avete visto bambini piuttosto intraprendenti fare piccoli dispetti agli altri coetanei? Dispetti come strappare un gioco dalle mani dell’altro o portare via la palla o anche il ciuccio dalla bocca.

Alcuni piccoli reagiscono, cercando di riappropriarsi di quanto gli è stato tolto. Altri, invece, rimangono fermi, si intristiscono, magari piangono, tornano da mamma e papà, ma non vanno a recuperare il loro gioco.

Che fare?

Certo, l’istinto ci porterebbe ad intervenire a favore del bambino indifeso. Ma è giusto?

Meglio cercare di spronare i bimbi timidi a difendersi o rispettare la loro natura?

Ecco cosa ci consiglia la dottoressa Santarelli:

“Ogni bambino ha il suo carattere e il suo temperamento e soprattutto, ognuno ha un suo percorso individuale nello sviluppo di competenze e abilità. Non occorre per questo allarmarsi subito di fronte a lievi ritardi, ma ci sono casi in cui, certi segnali, vanno individuati subito.

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Dott.ssa Francesca Santarelli

C’è un categoria di bimbi che sto vedendo molto spesso nella mia attività clinica negli ultimi anni, bambini che parlano poco , piangono spesso e non sanno difendersi …

I genitori mi riferiscono che sembrano all’apparenza, solo bambini timidi, sempre distanti dagli altri, che non socializzano facilmente, che soprattutto sfuggono al confronto con i coetanei e che non reagiscono alle provocazioni e finiscono sempre per restare da soli in un angolo.

Proprio ieri una mamma mi raccontava: “Quando lo porto a qualche compleanno, non vuole mai allontanarsi da me, non partecipa ai giochi e mi obbliga a restare nella stessa stanza”. E ancora: “Mio figlio, se qualche compagno è prepotente , non riesce a difendersi, resta immobile senza dire nulla, non sa difendersi”.

Ma qual’è il centro del problema?

Da una parte c’è il bambino, che sembra soffrire in silenzio, sospeso tra il desiderio di appartenere al gruppo di coetanei (compagni di scuola, i vicini di casa…), e la paura di trovarsi nella solita situazione di inadeguatezza e vergogna di sè.

Dall’altra ci sono i genitori, che si chiedono il motivo di tanto timore da parte del loro figlio – non dimentichiamo che i nostri figli sono depositari dei nostri sogni, di aspettative che non sempre gli appartengono – , a volte si accusano a vicenda d’essere troppo protettivi o troppo aggressivi con il bambino “intimidito”.

Si chiedono se è meglio intervenire nelle situazioni in cui vengono attaccati difendendoli oppure lasciandoli soli, se devono insegnare loro a contrattaccare oppure a sopportare senza irritarsi più di tanto.

Forse perchè il bambino timido, poco reattivo e attaccato alla “gonna” della mamma oggi è un immagine in controtendenza rispetto alle attese del mondo degli adulti, che prevede bambini bionici, che fanno mille sport, attivi e solari, sempre allegri e con mille amicizie, bravi a scuola e capaci anche di sostenere brillantemente qualsiasi prova: praticamente ci si aspetta dai bambini che riescano dove gli adulti falliscono, riscattandoli.

Quando un bambino al contrario dimostra insicurezza, paura dell’altro e remissività, quando non appare come un “vincente” , allora a qualche genitore viene spontaneo affermare: “Non ha preso nulla da me quindi non è colpa mia ma solo un suo problema di carattere”.

Col risultato che il bambino si sente incompreso e rifiutato, il che aumenta la sua disistima, oppure:

“E’ colpa della madre/padre che lo coccola troppo e non gli insegna a stare con gli altri”

Stesso risultato, con l’aggravante che il bambino sente d’essere anche motivo di litigio tra i genitori.

Cosa fare? In primo luogo, non fateglielo pesare, confrontandolo con gli “altri” così bravi e socievoli, perchè ciò che desidera vostro figlio è solo di essere amato. Un atteggiamento troppo remissivo trova spesso ragione in una insicurezza di fondo, nell’idea che contraddire o opporsi agli altri vuol dire mettere a rischio l’amore degli altri. Cercate allora di mostrare più attenzione ed interesse per quei comportamenti che esprimono i suoi desideri, che lo rappresentano veramente, incoraggiatelo ad esprimere con voi e con gli altri quelle che sono le sue vere aspirazioni, ma anche a verbalizzare le emozioni negative che lo attanagliano e gli impediscono di essere libero nella relazione con gli altri.

Se litiga e non si difende? Sarebbe preferibile non intervenire subito, lo squalifichereste ai suoi occhi e a quelli dei coetanei, piuttosto parlatene, in un secondo momento, al solo scopo di comprendere se la sua è una scelta ragionata o dettata dall’impossibilità di agire diversamente. Parlategli di voi stessi, delle volte in cui vi siete sentiti come lui, senza però suggerirgli comportamenti idonei, altrimenti penserà di dovervi imitare e si “spersonalizzerà” ancora una volta.

Non etichettatelo: se il bambino vi sente affermare di continuo in famiglia o peggio davanti ad altre persone che è timido, remissivo, troppo tranquillo, questo gli confermerà che il suo carattere è quello e che non potrà mai cambiare: se lo dice la mamma/il papà avrà il peso di un marchio a vita.

Chiedetegli piuttosto cosa pensa dei litigi, della socializzazione, dei coetanei e degli adulti, che reazioni si aspetta, insomma aiutatelo a conoscersi, avrete così un’ottima occasione per sapere come legge la vita, cosa pensa e ciò che desidera.

 

Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com 

4 risposte a “Quando un bambino è timido, “arrendevole”, indifeso: che fare? La psicologa

  1. Salve sono una mamma di 42 anni ho un solo figlio di 10 anni e il fatto di essere figlio unico gli pesa perché lui ama stare con i bambini. È un bambino gioioso e giocherellone. Ha fiducia e se ne approfittano. Infatti alle volte viene preso di mira dai bulli. Non riesce a selezionare le persone.

  2. Non ha detto la cosa più importante: se il bambino fa il Fracchia la prima cosa che dovrebbero fare i genitori è un esame di coscienza; è ovvio che c’è qualcosa che non va in famiglia, e nel rapporto col bambino stesso. Una causa frequente del ‘fantozzismo’ di un bambino è la MATRIZZAZIONE, ovvero un figlio maschio vittima di una madre virago; in tempi di femminismo le donne non sono solo mantidi coi mariti/compagni, ma anche virago con i figli, ovvero nella foga di castrare il maschio non gli basta mangiarsi il maschio adulto, se la prendono anche col figlio, futuro maschio adulto e quindi da castrare. Secondo me l’ottanta per cento dei fantozzi hanno avuto un’infanzia sotto le grinfie di femmine di tale tipo; ma non si può dire, nessuno ne parla (tranne il buon Risé).
    Spendessero una parola anche verso le loro congeneri, queste psicologhe …

  3. A parte che l’educazione impartita ad un bambino dovrebbe comprendere anche il fatto che i giochi degli altri non si toccano, senza il permesso di questi ultimi. Se proprio qualcuno ha preso ciò che è nostro, bisognerebbe anche insegnare come fare a riprendercelo, perché ci sono due modi o con la forza oppure con una richiesta educata, ma ferma, nel primo caso corriamo il pericolo che poi la psicologa esperta ci venga a dire che ns. figlio diventerà un mascalzone in età adulta, perché ha usato le maniere forti, nel secondo caso interverranno i genitori dell’accaparratore ingiustificato con i quali litigare, ed in questo caso la psicologa ci verrà a dire che il bambino s’è attaccato alla gonna della mamma, anche se quel povero angelo s’è dovuto subire la doppia angheria, gioco tolto e prepotenza dei genitori del sottrattore. Queste analisi ovviamente hanno uno scopo ben preciso, per permettere ad ognuno di noi, di riflettere su quello che siamo diventati da grande e come sempre per analizzare i ns. rapporti da e verso gli altri. Nella ns. quotidianità di adulti è più semplice, se qualcuno ti sottrae qualcosa senza giustifica titolarità dai mandato ad un bravo legale che ti assisterà legalmente e costringerà tramite sentenza alla restituzione del bottino maggiorato degli interessi, oppure lo denunci alle forze dell’ordine per furto o sottrazione indebita. Anche perché non possiamo andare in giro a fare a pugni con tutti, oppure rischiamo di beccarci qualche denuncia, e non è certo campato in aria come fatto. Oppure possiamo sempre mandare la psicologa a parlare con il sottrattore, o meglio facciamo amicizia vera, con qualche mafioso a cui demandare con le buone il compito di farci riappropriare dei ns. averi. Se qualche psicologa ha voglia di dare dei consigli concreti rimaniamo tutti a disposizione.

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