Viva la Mamma

La fobia scolare, quando il bambino non vuole andare a scuola

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“Ho mal di pancia, mal di testa, febbre…”… Quante scuse per non andare a scuola!

Vi siete mai trovati in questa situazione?

Io per fortuna ancora no. Ma ci sono dei bambini che a volte puntano i piedi, piangono, si disperano pur di rimanere a casa e non andare a scuola.
E allora che fare in quelle circostanze?
Di questo ci parla oggi la nostra psicologa amica, la dottoressa Francesca Santarelli.
Ecco cosa ci consiglia:

“Andare a scuola si sa, non è l’attività preferita dai bambini, almeno quelli che hanno superato la fase della scuola materna!  Sappiamo però, che l’istituzione scolastica è importante non solo per quanto riguarda l’istruzione in sé, ma la scuola è l’unico ambiente al di fuori della famiglia più importante per la crescita del bambino e naturalmente non parlo solo di una crescita culturale o cognitiva, ma anche da un punto di vista sociale e relazionale.

È infatti nell’ambito scolastico che i nostri figli si confrontano per la prima volta con il gruppo dei pari. Penso che ognuno di noi avrà vissuto nella propria infanzia giornata o periodi in cui di andare a scuola non ne avevo proprio voglia e abbia cercato in tutti i modi di convincere la mamma a restare a casa….

Questo non è di certo un problema né segnala nessun tipo di disagio e i genitori sono abbastanza preparati a consultarsi con giornate come queste! Può capitare però,  che il rifiuto della scuola si propaga molto di più nel tempo e soprattutto nelle forme e nelle modalità del rifiuto e si accompagni da evidenti segnali di malessere (che altro non sono che una grande componente di ansia).

In questa situazione non possiamo parlare di capricci, né di giornate storte, ma ci troviamo di fronte ad un vero disturbo specifico dell’infanzia che viene definita fobia scolare.

Per poterla definire tale, dobbiamo riferirci innanzitutto ad una fascia di età di bambini che va dai 6 ai 15 anni, che sono caratterizzati “dall’’improvvisazione”; stiamo parlando cioè di bambini che non avevano mai manifestato particolari difficoltà nello studio e nel frequentare le lezioni e che all’improvviso vivono questo forte disagio nei confronti dell’andare a scuola.

I segnali di malessere possono manifestarsi anche sotto forma di disturbi somatici come mal di testa, mal di pancia, vomito o, altre volte, il disagio si manifesta apertamente con pianti disperati e forme di contestazione.

Tutto questo di solito avviene tipicamente la mattina prima di uscire di casa o addirittura la sera prima e non c’è bisogno di dire che, quando rimangono poi a casa o nel pomeriggio o nei weekend, questi bimbi stanno grandemente bene!

Molto spesso alla base di queste fobie si nasconde il timore del bambino che, separandosi da mamma e papà, possa succedere qualcosa di brutto a lui o ai suoi familiari, pertanto soffre il momento del distacco proprio perché carico di questa fantasia angosciante.

In questi casi è possibile che sia accaduto qualche evento all’interno dell’ambito familiare che abbia suscitato ansia nel bimbo.

Può essere anche capitato che uno dei due genitori, senza rendersene conto, abbia trasmesso i propri timori al bambino, dandogli involontariamente il messaggio che il mondo esterno è un posto pericoloso e che lui non ha i mezzi per affrontarlo (base tipica del pensiero ansioso).

Ma può anche accadere il contrario, cioè che il bambino ha interpretato per qualche motivo in modo erroneo, che uno dei due genitori vive in modo problematico il distacco e la separazione dal figlio in quel particolare momento della sua vita e magari, involontariamente, gli abbia trasmesso l’idea di aver bisogno di lui e della sua presenza. In ognuno dei due casi comunque, l’altro genitore non riesce a svolgere un ruolo complementare e rassicurante per il bambino stesso.

Non dobbiamo dimenticare anche i cambiamenti di altra natura, come ad esempio la nascita di un fratellino, il cambiamento di casa o di scuola o il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla primaria e così via. Qualunque cambiamento o passaggio evolutivo o non nella vita del bambino può essere un segnale di allarme da valutare con attenzione.

In altri casi c’è  anche la possibilità che ci sia un conflitto all’interno della coppia e in questi casi è come se il bimbo assumesse su di sé una funzione di controllo dei genitori stessi, per paura che se lui va a scuola e si assenta, i litigi tra i suoi possono peggiorare, cosi come la situazione in generale.

Naturalmente per i genitori non è facile confrontarsi quotidianamente con situazioni come queste, anche perché la preoccupazione delle assenze scolastiche, incombe anche dal punto di vista del rendimento scolastico. In questi casi, il cuore di mamma e la razionalità e la responsabilità adulta, non trovano pace e equilibrio.

È molto difficile per un genitore non lasciarsi coinvolgere a livello emotivo nel vedere il proprio figlio di fronte a questo disagio ed è impossibile vedere le cose da un punto di vista logico e razionale.

Senza volerlo può ritrovarsi a peggiorare la situazione o comunque a non mettere in atto degli interventi che siano veramente risolutivi. Così come puo risultare molto difficile capire i motivi che sono alla base della fobia scolare stessa.

Di solito l’intervento di un professionista in questi casi risulta l’intervento migliore per la gestione della situazione sia dal punto di vista di comprensione del problema che dal punto di vista comportamentale. Quello che risulta fondamentale è il coinvolgimento sia della famiglia che della scuola, in modo che si possa pianificare un tipo di lavoro cooperativo e desensibiliizzazione del problema stesso”.

 

Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com 

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