Lo scorso anno, prima elementare per Marco, le valutazioni del primo quadrimestre arrivarono sotto forma di giudizi e non di semplici numeri.
E devo dire che personalmente ho molto apprezzato.
Quei giudizi mi sono serviti per capire tante cose, mi hanno permesso di entrare in punta di piedi in quel mondo che ogni mattina accoglie lui, ma lascia me fuori dal cancello, dalle sue storie, dalle sue avventure scolastiche.
In seconda elementare non so se arriveranno ancora giudizi o freddi numeri.
Fra qualche giorno sapremo.
Intanto, sulla mia bacheca Facebook ho trovato questa storia, riflessione, filastrocca, non so bene come definirla, condivisa dal blog paroleingioco, che vi propongo perché mi è piaciuta veramente molto:
“Una maestra, dopo aver consegnato le schede di valutazione ai genitori, scrive queste riflessioni sul voto nella sua bacheca:
“Non sono stata capace di dire no. No ai voti. Alla separazione dei bambini in base a quello che riescono a fare. A chiudere i bambini in un numero. Ad insegnare loro una matematica dell’essere, secondo la quale più il voto è alto più un bambino vale.
Il voto corrompe. Il voto divide. Il voto classifica. Il voto separa. Il voto è il più subdolo disintegratore di una comunità. Il voto cancella le storie, il cammino, lo sforzo e l’impegno del fare insieme. Il voto è brutale, premia e punisce, esalta ed umilia. Il voto sbaglia, nel momento che sancisce, inciampa nel variabile umano. Il voto dimentica da dove si viene. Il voto non è il volto.
I voti fanno star male chi li mette e chi li riceve. Creano ansia, confronti, successi e fallimenti. I voti distruggono il piacere di scoprire e di imparare, ognuno con i propri tempi facendo quel che può. I voti disturbano la crescita, l’autostima e la considerazione degli altri. I voti mietono vittime e creano presunzioni.
I voti non si danno ai bambini. In particolare a quelli che non ce la fanno.
La maestra lo sa bene, perciò è colpevole. Per non aver fatto obiezione di coscienza.”
Il “maestro” Manzi riportava nella scheda di valutazione di tutti gli studenti la stessa formula: “Ha fatto quel che può, quel che non può non fa”.
Mi è venuta la pelle d’oca quando ho letto queste righe.
Io, da studente, sono sempre stata dall’altra parte della barricata, nel gruppetto dei “bravi”.
E dal mio punto di vista ho sempre pensato che i voti belli incoraggiano e stimolano a fare sempre meglio. Che spronano gli studenti.
Ora provo a cambiare prospettiva. A guardare anche dall’altra sponda.
E osservo con stima e ammirazione chi fatica a raggiungere gli obiettivi.
E da questa, per me nuova, prospettiva condivido il pensiero di questa maestra: i voti possono ammazzare l’autostima e abbassare la considerazione di se stessi.
Gli insegnanti lo sanno bene. E’ il loro mestiere. Ma penso che la routine e gli obblighi burocratici a volte prendano il sopravvento.
Spesso (accadeva ai miei tempi e noto, anche chiacchierando con altre mamme, che accade ancora oggi) gli insegnanti si fanno l’idea di chi è bravo e chi non lo è (magari anche a giusta ragione, osservando l’impegno quotidiano, …).
E questa opinione, spesso, rimane invariata anche quando le cose cambiano.
Io stessa per anni ho vissuto di rendita…
Così anche quando “i bravi” sbagliano, gli ottimi si sprecano.
Quando i meno bravi si impegnano, gli ottimi faticano ad arrivare.
Quando ero alle superiori la mia compagna di banco era bravissima nelle materie umanistiche: italiano, latino…
Ma il nostro prof. non vedeva in lei quella luce.
Scriveva dei temi stupendi, da 10 e lode. Ma per lui erano copiati.
Lei secondo me aveva ed ha grandi potenzialità. Ma non è andata all’università… Non aveva più fiducia in se stessa.
Questo a 19 anni….
Come si può sentire un bambino delle elementari, che si è impegnato tantissimo nel fare un esercizio e che non ha fatto tanti errori, ricevere un “ok” o un “bene” sul proprio quaderno. E vedere sul foglio del compagno “bravo”, che ha fatto gli stessi errori, un “ottimo”?
Anche in quel caso, secondo me l’autostima va sotto i piedi!