“Maria, non ce la faccio più! Te lo giuro. Sono al limite”
Questo lo sfogo della mia collega che è alle prese con la secondogenita che è proprio un peperino!
“Al nido dicono che è tanto buona. Poi torna a casa e si trasforma. Diventa una peste. NO, NO, NO per lei è tutto NO. Poi la notte non dorme e io sono uno zombie. Tu forse reggevi meglio lo stress, non mi sembravi così… esaurita!”
Le ho risposto: “Esaurita? Noooo, molto di più! Ormai mi sembra un ricordo lontano, anzi un incubo lontano. Per fortuna questo periodo passa e dai 4 anni in poi sembra un’altra vita per tutta la famiglia. Tieni duro… mancano meno di due anni e poi anche per te diventerà un lontano ricordo!”
Ma perché a due-tre anni i bambini diventano dei veri e propri ribelli? A questa difficile domanda risponde la nostra psicologa amica, la dottoressa Francesca Santarelli.
Ecco cosa ci consiglia:
E’ un modo di dire degli inglesi per descrivere la fatica che spesso si trovano a vivere i genitori che hanno bimbi di questa età.
La maggior parte delle “lotte” tra genitori e figli piccoli, infatti, inizia proprio in questo periodo in cui il nostro piccolo cucciolo, che fino a pochi mesi fa sembrava pendere dalle nostre labbra davanti ad ogni cosa noi facessimo o gli chiedessimo, ora comincia a tirar fuori gli artigli e a rispondere alle nostre richieste con un bel NO!
Anche le mansioni quotidiane che riguardano la sua cura e igiene (cambiare il pannolino, vestirsi, lavarsi, ecc…) diventano una lotta e un banco di contrattazione! Peccato che, quando ci si mette la stanchezza e i minuti contati della fretta magari di prima mattina, tutto assume dei toni spesso drammatici!
Ma perché i bambini a questa età diventano dei piccoli ribelli?
La risposta primaria è perché a questa età il cucciolo si trasforma da “bebè” a “bambino” (mi viene in mente la favola di Pinocchio, quando il burattino diventa un bambino vero e proprio!):
Ecco….forse è un po’ la stessa cosa….quel fagottino che dove “lo mettevi stava”, assume maggiormente le sembianze di un bambino, con un carattere e una personalità che comincia a essere più determinante, autonoma e soprattutto indipendente! E l’unico modo che conosce per esprimere questa maturazione e cominciare ad auto-affermarsi con un bel NO o “IO”!
I frequenti “no”, i rifiuti, e le trasgressioni che si intensificano verso i 2-3 anni, sono comportamenti che fanno parte di una fondamentale tappa evolutiva che porta alla costruzione quindi, di un’identità psicologica.
Costruirsi un’identità psicologica significa percepirsi un’entità unica, diversa da altri, con pensieri ed emozioni propri. E’ un processo che inizia nel corso del primo anno di vita e che continua fino all’adolescenza e dovrebbe terminare con l’età adulta.
Ha acquisito uno sviluppo cognitivo, emotivo e motorio tale per cui è sempre più in grado di percepirsi come un essere distinto dalle proprie figure di riferimento, un essere, quindi, dotato di pensieri ed emozioni diversi e personali.
Mentre prima doveva aspettare che la mamma lo alimentasse, ora capisce di poter prendersi del cibo o una bevanda da solo salendo ad esempio sulla sedia.
Mentre prima le sue emozioni erano strettamente collegate a quelle della mamma (se lei è nervosa, anche il bimbo diventa nervoso), ora il bambino comprende di poter essere arrabbiato e di poter fare arrabbiare la mamma quando e come vuole.
Mentre prima poteva giocare solo con i giochi che la mamma proponeva, ora sperimenta di poter decidere con quale gioco giocare e, addirittura, scopre di poter trasformare un bastone in un telefono!
Un genitore di fronte a “no” decisi e insistenti di un bambino di soli 2 o 3 anni può sentirsi disorientato, scocciato o arrabbiato soprattutto se interpreta tali rifiuti o provocazioni come una sfida, un vero e proprio affronto al proprio ruolo di genitore. Se per di più ha la sensazione di non riuscire a farsi rispettare dal proprio bambino e a gestire i suoi comportamenti provocatori e “ribelli”, può sentirsi davvero impotente e preoccupato per il futuro.
Questi comportamenti ribelli solitamente fanno parte di una fase passeggera che va assecondata alternando momenti in cui si permette al bambino di esercitare quel potere appena scoperto, a momenti in cui, invece, si mettono dei confini attraverso il proprio ruolo genitoriale.
Più il genitore riesce a portare pazienza e ad assumere un atteggiamento flessibile, più questa fase provocatoria diminuirà di intensità e lascerà spazio ad un Io forte e sicuro. La conseguenza evolutiva sarà che il bambino svilupperà una buona consapevolezza di se stesso che gli permetterà di saper scegliere di sapersi adeguare con equilibrio alle regole della vita sociale.
Più il genitore si oppone, più rischia di intensificare le reazioni del bimbo, il quale se vivrà le regole sociali in modo molto negativo come minaccia al proprio essere, farà di tutto per non osservarle; oppure, rischia di inibire la sua volontà impedendogli la costruzione di un proprio Io indipendente. Nei casi più estremi la conseguenza sarà che il bimbo imparerà a comportarsi come il genitore vuole, per non perdere il suo amore, ma crescendo si troverà in difficoltà quando ad esempio dovrà scegliere, perché non saprà riconoscere quello che lui realmente vuole.
E’ consigliabile, quando è possibile, lasciare al bambino la possibilità di sperimentarsi complimentandosi con lui per l’autonomia raggiunta, senza esagerare, e dire ad esempio: “Bravo, sei riuscito a fare da solo!”. Oppure, quando è possibile posticipare la richiesta, si può dire: “Ora non vuoi? Va bene, lo fai dopo”. L’importante è però fare in modo che la propria richiesta venga poi eseguita. Oppure si può dire: “Lo facciamo insieme, la mamma ti aiuta”.
Quando intuite una particolare intenzione del bambino assecondatela se potete, ovviamente se non pericolosa per sé e per gli altri.
Quando non è possibile fare una determinata attività si può tranquillamente dirglielo, ma nello stesso tempo riconoscendo la sua volontà; ad esempio: “Tu vuoi giocare con la palla, ma adesso non si può”. Il bimbo, anche se ha 2 anni e non parla ancora molto bene, comprende brevi frasi e intuisce benissimo la vostra fermezza o la vostra insicurezza. Il tono della voce non deve essere ostile e sembrare un rimprovero, ma deve comunicare empatia, cioè comprensione per il suo desiderio.
Quando, invece, il bimbo esagera e non sa più controllare le sue scenate, è importante dimostrarsi sicuri e determinati nel dare un contenimento. Il bambino ha bisogno anche di questo. Anche in questo caso il tono di voce deve essere sicuro e determinato ma non ostile o arrabbiato.
Se il bambino reagisce male alle vostre limitazioni provate a riflettere sulla modalità in cui le avete proposte; forse siete stati un pò ostili o arrabbiati e, quindi, si è sentito ferito. Tali reazioni sono comprensibili e, quindi, cercate di accoglierle e di essere comprensivi con lui. Ciò non toglie che voi dobbiate continuare ad essere coerente con le vostre decisioni.
Quando le reazioni sono molto intense, a vostro parere esagerate, e non si placano con il tempo, è consigliabile consultare uno psicologo per trovare le strategie giuste adatte alla capacità del bambino di tollerare la frustrazione.
Le strategie sopra indicate sono importanti per riconoscere al bambino il suo bisogno di differenziarsi con serenità e, nello stesso tempo, per esercitare la propria autorevolezza di genitore senza lotte di potere inutili.
L’atteggiamento giusto sta, quindi, nel trovare un equilibrio tra le esigenze di crescita del bambino e le scelte educative del genitore.
Certo che per i genitori è una fatica enorme questo lavoro da “equilibristi” e avere a che fare con questo piccolo ribelle! A fatica spesso sta proprio nel capire come gestire al meglio questa presa di posizione senza rischiare un esaurimento nervoso! Ma, se pur una fase lunga (in media fino al 4/5 anni) credetemi che passa!…….si ripresenterà con tutta la sua forza e turbolenza durante l’adolescenza!!
Per appuntamenti con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com