Qualche imprecazione qua e là quando le cose non vanno come avrei voluto, oppure quando sono particolarmente incavolata e non ho il cervello collegato alla lingua. Insomma in quelle occasioni non mi sento di dare il buon esempio ai miei figli, ma ahimè capita.
E loro sono super attenti e mi rimproverano all’istante: “Mamma, hai detto una parolaccia”.
Ma capita anche che dalla loro boccuccia, di tanto in tanto, venga fuori qualche “suono” sgradevole che in casa non è mai stato emesso. E sanno perfettamente che hanno fatto qualcosa di “severamente vietato”.
E allora che si fa? Se i bambini dicono le parolacce, come dobbiamo reagire? Ce lo spiega la nostra Psicologa Amica, la dottoressa Francesca Santarelli.
“Accade a tutti prima o poi di ritrovarsi a bocca aperta e senza capacità di reazione immediata quando, il nostro principino che solo fino a ieri inventava parole senza senso che ci facevano tanto ridere se ne esce con la sua prima parolaccia.
E allora che si fa?
Il bambino impara in fretta e per imitazione. E questo vale anche per le parolacce che, in genere, compaiono intorno ai tre anni, quando il bimbo comincia ad andare all’asilo.
“Ma da chi le avrà imparate?”, si chiedono perplessi i genitori. Se il piccolo sente mamma o papà esprimersi con un termine nuovo, magari un’imprecazione concitata e improvvisa, sarà il primo a ripeterlo. Stessa cosa per l’asilo: ha appena ascoltato una parolaccia dagli amichetti e, una volta a casa, non perde un attimo per mettere al corrente i genitori della sua nuova scoperta.
Per il bambino, le ‘brutte parole’ hanno lo stesso valore di quelle ‘belle’ perché il piccolo non conosce ancora il significato di certi termini. Percepisce, però, la forte reazione di disapprovazione che l’uso di un vocabolo colorito provoca nei genitori e nelle maestre. ll bambino è affascinato dalla parolaccia: colpito dal tono di voce di chi la utilizza, ne coglie al volo l’effetto dirompente e irriverente. Se all’indignazione dei genitori si accompagnano, poi, risate sotto i baffi, nel bimbo l’impulso a ripeterla sarà ancora più forte. Invece, rendiamola da subito inefficace: non diamo cioè al bambino, nell’immediato, quell’attenzione che sta cercando, per non correre il rischio di rinforzare l’abitudine a dire parolacce solo per trovarsi al centro della scena. Se i genitori circondano il bambino di attenzioni subito dopo aver sentito una parolaccia, il piccolo continuerà imperterrito a utilizzarla perché è riuscito nel suo intento: quello di attirare l’attenzione di mamma e papà.
È bene, quindi, intervenire senza tentennamenti, motivando il divieto. Per prima cosa, bisogna spiegare al bambino che alcuni termini non vanno appresi e ripetuti, perché le parolacce possono avere un effetto spiacevole sugli altri e risultare, per questo, offensive. Cerchiamo, poi, di capire in quale ambiente il piccolo abbia appreso quel linguaggio, partendo proprio dal contesto familiare.
Non c’è nulla che disorienti di più il bimbo dell’incoerenza dei genitori, specie se c’è un abisso tra insegnamenti e comportamenti. L’esempio dell’adulto è il principale metodo educativo. Evitiamo tutti quegli atteggiamenti di sconcerto e di indignazione che, anziché arginare il problema, non fanno altro che rafforzare la provocazione del bambino e accendere la sua innata curiosità”.
Per appuntamenti con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com