Una storia a lieto fine: la bambina non vedente andrà a scuola

Spesso ci ritroviamo a parlare e sparlare di cose che non vanno, di servizi che non funzionano, di diritti negati e quando qualcosa finalmente invece va per il verso giusto passa quasi inosservato. Non desta clamore.
E invece vi voglio parlare proprio di una storia a lieto fine, di una bambina non vedente alla quale era stato negato il diritto allo studio e che invece adesso può frequentare la scuola.
“I non vedenti, con gli aiuti opportuni, se conoscono i percorsi e hanno attorno a loro un ambiente familiare, sono in grado di muoversi, di svolgere le attività più normali. A volte, in casa quasi mi dimentico che mia figlia non vede”, ha detto la mamma di Marta, la bambina non vedente della Valle di Susa a cui era stata negata l’iscrizione alla prima media nella scuola della zona.
Dopo una giornata di telefonate incrociate, tra famiglia, Ufficio scolastico regionale e ministero, ha vinto la sua battaglia.
“Era un suo diritto ed era giusto tutelarlo”, ha detto questa mamma ringraziando il ministro Profumo per l’intervento che ha sbloccato la vicenda.

“Mia figlia, già sfortunata per la sua malattia, ha bisogno di tranquillità e di stabilità, mentre la scuola che l’avrebbe accolta era scomoda, lontana da casa, e questo non le avrebbe permesso di avere quel minimo di autonomia che la fa sentire meno a disagio”, ha aggiunto la donna.
Marta è nata con una patologia degenerativa della vista e l’associazione retinopatici e ipovedenti le ha messo a disposizione un operatore specializzato, che in casa la segue nei compiti e, soprattutto, nella ‘riabilitazione visiva’, come spiega Marco Bongi, il presidente dell’Apri Onlus. Una rieducazione che permette al non vedente di non diventare non-autosufficiente o, almeno, di ritardare il più possibile quel momento.

“Andare nella scuola del paese, per Marta, significa proprio questo – conclude la mamma – rendere più semplice la sua rieducazione visiva e proseguire nel suo percorso di crescita personale”.

9 risposte a “Una storia a lieto fine: la bambina non vedente andrà a scuola

  1. @ge1977: forse mi sono espressa male per educare i bambini alla diversita’ intendevo rispondere alle loro domande ed alle loro curiosita’ con naturalezza senza evitare o rimanere sul vago…

  2. non credo ke i bambini vadano educati alla diversità….secondo me loro il problema nemmeno se lo pongono…………siamo noi genitori ke dovremmo essere educati dai nostri bambini ad accettare le diversità, io vedo ke loro lo fanno senza problemi!!!!
    per quanto riguarda il post….sono molto contenta per la bambina…
    è proprio vero, a volte non si capisce nemmeno se uno non ci vede. il maestro di judo di riky per una malattia è praticamente cieco, io nn me ne ero neanche accorta finchè nn me l’ha raccontato lui….ke ha anche partecipato alle para-olimpiadi…..si muove con tale naturalezza ke nn ci avevo nemmeno fatto caso!!! 😉

  3. Alle elementari avevo in classe con me una bambina che non aveva molte possibilità economiche, la sua era una famiglia numerosa e il papà era ambulante, vendeva quello che poteva. Veniva a scuola piuttosto trasandata, ma nessuno di noi l’ha mai tratta male o emarginata e a turno la mattina portavamo una merenda in più anche x lei senza farglielo pesare. Mi ricordo che mi piaceva stare in sua compagnia e che era davvero molto brava a disegnare.
    Concordo con @Marika e @Silviafede su tutto e in particolare sul nostro dovere di genitori di educare i nostri piccoli alla diversità. Non dimentichiamoci che i bambini in primis sono propensi ad accettare le diversità della vita, loro sanno andare oltre, siamo noi adulti e inculcare loro modi di fare e di pensare sbagliati.
    Sono molto felice x la bambina che ha vinto la sua battaglia e spero che questo diventi la normalità.

  4. nel mio lavoro sono a stretto contatto con studenti disabili, da non vedenti, audiolesi, ecc…
    ho tre studenti in particolare, non vedenti, che camminano da soli in giro per Roma che vi assicuro è una vera impresa, non abbiamo servizi dedicati ai disabili.
    Uno di loro è andato in Erasmus in Spagna e adesso ci vive da solo e lavora, mentre una delle due ragazze, lavora come centralinista in un ministero e prende i mezzi pubblici con il solo aiuto del bastone bianco, un altra ancora pratica sport, vela e partecipa pure a livello agonistico.
    Sicuramente hanno ricevuto aiuto e supporto dalle famiglie, ma tanta è la volontà di riuscirci da soli per non essere diversi. Le difficoltà sono tante, immense e spesso non hanno un lieto fine, però si può riuscire a vivere una vita serena e appagata se la famiglia è vicina.

  5. @Marika78: concordo assolutamente con te, molto bella la tua testimonianza, secondo me bisogna educare sin da subito alla diversita’, di qualsiasi tipo, in modo che per i nostro bambini diventi una cosa naturale, ma questo dipende assolutamente dall’esempio che danno i genitori.
    Tengo molto a questo argomento, non mi piacciono le emarginazioni verso nessuno, soprattutto verso i piu’ deboli, mi e’ capitato di vedere al parco o a scuola genitori che trattengono i figli, che propongono la diversita’ come qualcosa di negativo (zingari che rubano i bambini, stranieri che non si lavano, disabili che possono farti male nemmeno fossero animali) e preferiscono tenere i figli nel loro “rassicurante” orticello fatto solo di cio’ che conoscono…beh quei bambini mi fanno molta pena perche’ non avranno l’opportunita’ di vivere esperienze come la tua Marika …
    Evviva per la bmbina ceca e per i suoi compagni che avranno la possibilita’ di conoscerla!

  6. Finalmente una boccata d’aria fresca!!! Non per essere polemica, però, vedi @Maria, questa non dovrebbe essere una notizia, bensì la NORMALITA’.

  7. Beneeee!!!!
    Questo è un argomento a cui sono molto sensibile…Ho 35 anni, quindi parliamo di circa 30 anni fa, quando la scuola era scuola e basta, dove chiunque aveva il diritto di entrare senza che ci fosse una selezione “naturale” degli studenti, non c’erano classi differenziate per ricchi o poveri (vedi chi paga la mensa oppure no), non c’erano classi apposite per bambini con qualche difficoltà più o meno gravi…semplicemente c’erano le classi con bambini di qualsiasi genere ed estrazione sociale…
    Alle elementari avevo in classe una bambina affetta da sindrome di Dawn, ma di quella grave, che non le permetteva neanche di esprimersi, non era capace di parlare, non era capace di ridere, non era capace di tenere la penna in mano, ma aveva un’insegnante di sostegno che la affiancava durante le lezioni e durante l’intervallo giocava con noi, era una di noi…alle volte diventava violenta, quanti graffi sulle mani e in faccia che mi sono presa, ma per noi era così e basta, non c’è stato bisogno di accettarla…faceva parte della classe come tutti noi.
    Alle superiori poi ho avuto in classe un ragazzo affetto da cecità…beh…tutti noi invidiavamo la sua capacità di usare il pc con estrema naturalezza, ci ha insegnato a leggere la scrittura braille e se doveva andare in bagno nessuno lo accompagnava…la strada l’aveva imparata e ci andava da solo…
    Forse chi si crea tanti problemi sono solo gli adulti…per i bambini è tutto più semplice, per fortuna 🙂

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