Non vi rubo altro tempo e vi lascio alla lettura di questo interessantissimo articolo:
“Quando si parla di TIC nei bambini trovo sempre una forma di resistenza e timore da parte dei genitori che mi chiedono sempre spaventati cosa si possa nascondere dietro un comportamento simile e come devono comportarsi a riguardo.
Innanzitutto: calma, pazienza e niente paura! Non stiamo parlando di una malattia, ne tanto meno di un disturbo che durerà per sempre e che non si possa affrontare con tempi e modi appropriati.
Una volta esclusa la componente fisiologica e organica, possiamo definire i tic come dei movimenti improvvisi, ripetuti, involontari ed incontrollabili, che più frequentemente possono riguardare sia la mimica facciale, come ad esempio: sbattere le palpebre, aggrottare le ciglia e fare delle smorfie, sia la motricità e la gestualità del corpo, come: sollevare le spalle, scuotere le gambe e le braccia, ruotare il collo, la testa e così via.
Oltre ad essi, spesso è possibile osservare sia dei tic respiratori, come soffiare, tossire ripetutamente e tirare su il naso, sia dei tic fonatori, come ad esempio schioccare la lingua ed emettere dei suoni gutturali.
Esattamente possiamo definire i tic in base a questa classificazione:
I tic motori semplici comprendono: smorfie del viso, movimenti del collo, colpi di tosse, segnali di ammiccamento; mentre i tic vocali semplici includono: raschiarsi la gola, sbuffare, tirar su col naso, grugnire.
I tic motori complessi comprendono invece battere i piedi, effettuare movimenti mimici, saltare, toccare, odorare un oggetto; i tic vocali complessi riguardano, invece la ripetizione di parole fuori contesto.
Nei casi più gravi, possiamo assistere alla coprolalia (usare parolacce) e l’ecolalia (ripetere come un’eco frasi, parole o suoni sentiti per ultimi).
Solitamente, nei bambini i tic si manifestano intorno ai 6-7 anni di vita, in modo del tutto graduale e progressivo, per poi a volte, ma non sempre, scomparire e risolversi in modo del tutto spontaneo.
Una volta esclusa la presenza di eventuali cause organiche, spesso l’attenzione viene posta sul vissuto emotivo del bambino, laddove spesso i tic possono rappresentare una sua reazione ad una situazione d’ansia o ad un evento per lui stressante, che egli può vivere sia all’interno che all’esterno del suo ambiente familiare. In altri termini, è come se il bambino, attraverso la motricità dei suoi tic, esprimesse le sue angosce, i suoi conflitti e le sue tensioni, che altrimenti non riuscirebbe ad esprimere in altro modo.
Il significato dei tic in età evolutiva è molto complesso e può assumere forme diverse da un bambino all’altro. Tuttavia spesso essi nascondono un’aggressività inespressa, o un vissuto di insicurezza del bambino stesso, ma più di frequente rappresentano un suo bisogno di tenere sotto controllo se stesso o una determinata situazione all’interno del suo sistema familiare, come nei casi di conflittualità o di separazione tra i suoi genitori, o in occasione di una grave malattia di uno dei suoi membri. Spesso tali bambini appaiono come timidi e remissivi e tendono a controllarsi molto, sia nell’espressione dei loro vissuti emotivi che delle loro azioni; di rado parlano in modo spontaneo dei loro tic e del disagio che per essi provano, in modo particolare nel rapporto con i compagni, arrivando spesso a negare la loro esistenza.
Tuttavia, la reazione da parte dell’ambiente circostante, ed in modo specifico da parte dei genitori, può essere di grande aiuto nel determinare l’evoluzione del sintomo stesso, laddove per il bambino può essere molto importante non sentirsi rimproverato, richiamato, ed alcune volte deriso e troppo osservato per ciò che egli stesso non riesce a controllare, con il rischio conseguente che un simile atteggiamento possa al contrario accrescere il suo stato di ansia e di tensione.
In tali situazioni, potrebbe essere molto utile per il bambino che entrambi i genitori spostassero la loro attenzione e la loro preoccupazione dal sintomo stesso, alle sue possibili cause sottostanti.
Dunque, nonostante sia facilmente comprensibile come i tic nervosi mettano a dura prova le reazioni emotive di genitori e bambini stessi, purtroppo abbiamo capito che, una reazione di eccessiva preoccupazione, è uno dei principali ostacoli alla loro risoluzione. Se la cosa non si risolve da sola con la crescita del bambino o con la risoluzione di una situazione problematica, non bisognerebbe attendere troppo a rivolgersi ad uno psicoterapeuta specializzato nel campo, che potrà valutare e capire la reale natura della situazione.
Esistono infatti diversi tipi di approccio psicoterapeutico quando il tic ha un significato nevrotico: terapie di rilassamento se è una forma reattiva o una terapia comportamentale che aiuta a canalizzare il tic e a gestirlo. Esistono anche degli interventi di supporto diretti all’ambiente che circonda il bambino (come genitori ed insegnanti) per spiegare il significato del tic e come gestirlo in clima supportivo e positivo, in modo da svolgere sempre e comunque un lavoro condiviso di alleanza tra chi sta a più stretto contatto con lui.
La cosa più importante è non allarmarsi eccessivamente solo per un periodo piuttosto breve per cui il nostro bimbo ha un tic e/o se si hanno dei dubbi a riguardo, non esitate a chiedere a chi di competenza, senza timore e vergogna…. Quelle non servono a niente, ne tanto meno ad aiutare chi amiamo di più!!
Buona giornata”
Vi ricordo che per appuntamenti o info con la dottoressa Francesca Santarelli, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com.