Aiuto, il bambino ha imparato a dire le bugie!

Perché i bimbi dicono le bugie?
Cosa li porta a mentire o a nascondere la verità? E soprattutto come dobbiamo comportarci noi genitori?
Di questo ci parla oggi la nostra Psicologa Amica, la dottoressa Francesca Santarelli.
Ecco cosa ci consiglia:

“Chi non si è mai confrontato per la prima volta con una piccola o grande bugia raccontata dal nostro piccoletto? A volte ce ne accorgiamo noi, altre sono gli altri a farcelo notare, spesso le maestre… e noi li, che rimaniamo a bocca aperta perché semplicemente cominciamo a interrogarci sul senso di questa “mancata verità”! (diciamocelo pure però…a volte sono anche divertenti le cose che escono da quelle boccucce!!!).

Ma a parte questo, perché i bambini dicono le bugie?

Gia dai 2-3 anni è probabile che un bambino cominci a usare questa modalità comunicativa, ma non si tratta però, di bugie dette consapevolmente e con uno scopo, ma di frottole innocenti o racconti fantastici, frutto di quello che Piaget (un grande studioso della psiche infantile) definiva “pensiero magico”,  un assetto mentale contraddistinto ancora dall’assenza di una netta separazione tra immaginazione e realtà.

In questa fase, le bugie consentono al bimbo di negare con convinzione un fatto anche evidente o di modificare le verità che non gli piacciono o ancora troppo difficili da affrontare.

È solo dopo i 5 anni che il bimbo acquisisce la capacità di distinguere in modo chiaro la realtà dalla fantasia e, di conseguenza, anche il vero dal falso.

Proprio a questa età fanno la comparsa le prime bugie consapevoli che, in genere, hanno la finalità di nascondere un fatto sconveniente che si è commesso e di evitare la disapprovazione  o la punizione degli adulti e dei genitori.

Di solito, peraltro, è ancora molto semplice scoprire se un bambino sta mentendo, in quanto tende ad assumere una tipica mimica, si contraddice, ostenta la sua innocenza (“non sono stato io!!”) e viene quasi sempre smascherato.

Il ricorso alle prime bugie intenzionali non va interpretato solo negativamente. Esso segna, infatti, un passaggio significativo verso l’indipendenza dalle figure genitoriali, e in particolare, dalla mamma con cui nei primi anni di vita ha vissuto una totale immedesimazione.

Come il “NO”, e quindi l’aperta trasgressione alle regole dell’adulto, è un modo per affermare la propria volontà e personalità, cosi la bugia è una presa di distanza dal genitore non più identificativo come un essere onnisciente e onnipotente. Viceversa, la totale incapacità di mentire a mamma e papà può suggerire l’assenza di una linea di separazione tra la propria identità e la loro.

Cosa fare dunque? Innanzitutto non dobbiamo essere noi i primi a mentire con loro (e con noi stessi!), anche se lo facciamo con lo scopo di proteggerli. I bambini si rendono conto se non siamo sinceri e ci sono modi e modi di dire anche le più scomode verità!

Con loro invece, fin dalla prima loro comparsa, è meglio esprimere in modo chiaro la propria disapprovazione verso le bugie, evitare di ricorrere a punizioni troppo rigide, quando lo si sorprende a mentire: potrebbero indurlo a mentire più spesso proprio per scampare al castigo.

Quando il bambino ha 5-6 anni cominciate a spiegargli che il rischio più grosso che si corre dicendo le bugie è quello di perdere la credibilità e la fiducia dei genitori e potete aiutarvi in questo, anche con delle favole e giochi didattici ed educativi di natura psicopedagogica. Dovete insegnare voi il concetto di “fiducia” e “credibilità”, attuandolo però voi stessi in prima linea.

Insomma…pinocchio aveva il naso lungo….e i vostri bimbi?”

Non so voi, ma io adoro i consigli della Santarelli.
Leggendo la fase delle bugie nella fase dei due-tre anni mi sono ricordata della casa a Vagnese, questo paese immaginario, dove Marco diceva di vivere. Lo raccontava a tutti con convinzione. E verso i 4 anni passò alla fase successiva: diceva che condivideva l’appartamento (di oltre 10 stanze con piscina e parco) con il suo amico Ben10!

Se ci penso…!

Ora non parla più di Vagnese (o Agnese, ancora non so bene il nome del paese immaginario), ma ogni tanto tenta di dire qualche bugia consapevole, ma si smaschera da solo e dice: stavo scherzando!

Vi ricordo che per appuntamenti o info con la dottoressa Francesca Santarelli, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com.

 

25 risposte a “Aiuto, il bambino ha imparato a dire le bugie!

  1. Ma è tutto chiaro, è una mamma gelosissima, invidiosa che qualcuno oltre a lei rivolga attenzioni al suo bambino!
    E’ anche una donna possessiva tanto da non permettere al marito di portare il bambino dai nonni.
    Una donna così (morbosa) farà di tutto per accampare scuse per non portare il bambino dai nonni.

    Mi dispiace.

    saluti
    Elena

  2. I suoi dicono che solo loro possono picchiarlo?
    Anche in questo caso bisogna discernere le circostanze. I bambini non si picchiano!

    Tu invece non te la prendere con dei genitori che danno ragione a un bambino di due anni e si arrabbiano con te, ti consiglio di startene alla larga dagli irragionevoli (dal racconto si sono dimostrati più infantili del loro bimbo).

    Poi la madre non ha chiesto al bambino: qualcuno ti ha dato botte?
    ma ha specificato, lo zio ti ha dato botte?
    a quell’età a volte si risponde così anche ”a casaccio” oppure ingenuamente si vuole dare una risposta affermativa alla madre pensando che sia la cosa giusta.

    Lasciali perdere (chi non da il beneficio del dubbio e difende a spada tratta non un ragazzetto ma un bambino di due anni) non merita il tuo rispetto.

    Per quanto possano essere ingenui i bambini a quell’età, rivolgendo loro una domanda in modo particolare può influire sulla risposta che daranno.
    Se vogliamo essere ‘pignoli” ‘i bambini in questo caso non sono da condannare, ma i genitori’

  3. Secondo un giudice che tratta cause relative al diritto di famiglia, ci sono almeno tre qualità che un genitore deve avere avere per essere idoneo per l’affidamento del figlio.

    Tanto per cominciare il genitore deve essere sensibile, ciò significa che devi renderti conto non solo dei bisogni fisici di tuo figlio ma anche dei bisogni emotivi.

    Poi dal tuo carattere deve emergere la ragionevolezza, e questa devi dimostrarla non solo nei confronti di tuo figlio, ma anche nei confronti del tuo coniuge.

    Devi essere disposto/a a concedere all’altro genitore il massimo accesso al figlio, laddove non comporti rischi di natura morale o fisica per il figlio.

    Un’altra cosa molto importante che devi avere per capire se sei idoneo è la padronanza di te stesso/a. Devi saper condurre una vita familiare equilibrata, creando un’atmosfera tranquilla in cui tuo figlio possa crescere sereno. Se credi di non possedere almeno una di queste tre qualità pensaci bene prima di voler ottenere a tutti i costi l’affidamento di tuo figlio.

    preso da:

    http://guide.pianetadonna.it/consigli-di-coppia/divorzio-separazioni/come-decidere-per-l-affidamento-di-un-figlio-in-caso-di-divorzio.html

  4. Scusate, leggendo questi interventi mi è sorta una domanda: in caso di divorzio in una coppia del genere, a chi andrebbe il bambino? secondo quale legge e quali criteri?
    Rispondete sono interessata di sapere.

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