Viva la Mamma

Italiane in Svizzera per evitare l’amniocentesi: la sindrome di Down si scopre con un test

Tempo fa vi avevo parlato di un test che permette alle donne in gravidanza di diagnosticare se il piccolo è affetto dalla sindrome di Down semplicemente con un prelievo di sangue, senza fare esami invasivi come villocentesi e amniocentesi. La nuova analisi si chiama Prenatest.
In Italia ancora non si fa (non mi chiedete il perché). Ma nella vicina Svizzera, dallo scorso 20 agosto, sì. Così come anche in Germania, Austria e Liechtenstein.

Sapete cosa è successo? Si è creata una bella processione di future mamme italiane verso il Paese elvetico, tutte pronte a mettersi in fila presso le cliniche specializzate del Canton Ticino per fare il Prenatest al prezzo di 1.524 franchi svizzeri (circa 1.270 euro), più i 7 franchi (5,8 euro) per il prelievo di sangue.
Dati alla mano, il 90% delle richieste arriva proprio dal Belpaese.

“Il test – ha affermato Giuditta Filippini, direttrice del laboratorio di genetica molecolare annesso al centro di medicina della riproduzione Procrea- viene effettuato dopo l’undicesima settimana di gravidanza ed è indicato alle donne ad alto rischio di malformazioni del feto”.

Nonostante questa indicazione molte mamme vogliono sottoporsi al nuovo esame anche se hanno una probabilità bassissima di mettere al mondo un bimbo affetto da trisomia 21.

Così, per evitare test inutili, in Svizzera hanno deciso di eseguire l’esame solo alle donne che si presentano con una ‘lettera’ del ginecologo, dove si attesti per iscritto che la paziente ha superato l’undicesima settimana di gestazione e che l’esame è stato discusso”.

Non è richiesta nessun’altra documentazione.

“Questa analisi – afferma Filippini – permette di individuare con un’elevata sensibilità la presenza di un cromosoma 21 soprannumerario”, l’anomalia genetica alla base della sindrome di Down. “Finora non c’erano molte alternative: analisi non invasive come l’ecografia e i test effettuati sul sangue della mamma, come la misura della translucenza nucale e i test biochimici nell’ambito del test del primo trimestre, potevano indicare solamente il livello di rischio di una trisomia 21. Una diagnosi definitiva arrivava però solo attraverso una villocentesi o una amniocentesi: analisi invasive che possono comportare anche dei rischi di aborto. Le statistiche, infatti, indicano una perdita del feto ogni 200 casi”.

“Occorre comunque tenere presente anche che questo tipo di analisi non può diagnosticare alcune rare forme di trisomia 21 e non è indicata nel caso di gravidanza gemellare”.

Per il Prenatest basta un prelievo di 20 millilitri di sangue materno, che contiene anche una frazione di materiale genetico del feto, dovuta al ricambio cellulare della placenta. “Il Dna viene sequenziato e amplificato fino a permettere il calcolo del numero di cromosomi. Questo esame ha una capacità predittiva attorno al 95% e azzera i rischi di aborto”, conferma la direttrice del ProCreaLab di Lugano.

Secondo i produttori si tratta di una procedura “complementare alle tradizionali tecniche diagnostiche”, ha ricordato Harry Hixson, presidente e Ceo della Sequenom che distribuisce l’esame negli Stati Uniti. In altre parole, “permette di determinare se un esame invasivo come l’amniocentesi è realmente necessario”.
Per il futuro, l’azienda prevede che le versioni ‘aggiornate’ dell’esame potranno essere in grado di identificare anche altre mutazioni cromosomiche, come la trisomia 13 e la 18.

Allora perché non farlo anche in Italia?

Sul Prenatest si sono già scatenate accese, anzi infuocate polemiche. Il fronte del “no” teme che un eventuale risultato positivo possa indurre i futuri genitori all’aborto.

Mi chiedo: ma la villocentesi non comporta lo stesso rischio? Eppure si fa.

Exit mobile version