Assurdo vero? Eppure è quello che è emerso dalla rilevazione civica “Percorso nascita, indagine civica sulle prestazioni sanitarie. Focus sugli screening neonatali” presentata dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva.
E l’ecografia è solo un esempio. Poi c’è l’epidurale rara nei piccoli ospedali, screening neonatali adeguati solo in 4 strutture su 10, pochi mediatori culturali nei punti nascita.
Dobbiamo continuare?
L’indagine è stata condotta in 51 strutture italiane differenti per numero di parti annui (p.a.) , da quelle con meno di 500 all’anno a quelle con più di 2500. Il lavoro è stato condotto grazie al sostegno non condizionato di Genzyme.
“E’ necessario un ulteriore sforzo per garantire un servizio qualitativamente migliore che offra più attenzione alla persona, specie in quei punti nascita che effettuano tra i 1000 ed i 2500 parti l’anno”, ha dichiarato Giuseppe Scaramuzza, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva.
Dopo le dimissioni, l’assistenza alle neo mamme è garantita a pieno solo dalle strutture con più di 2500 parti annui. Scende nelle altre classi (800 e 2500), con un picco minimo nelle strutture più piccole, dagli 800 parti annui in giù.
I tempi di attesa per accedere alle prestazioni monitorate possono variare, e anche di molto, non solo tra pubblico e intramoenia, come è risaputo e intuibile.
Per ciò che concerne, per esempio, l‘ecografia ostetrica, vi sono centri che riescono a garantirla nel canale istituzionale in tempi congrui (10, 15 giorni, ecc.) vi sono altre strutture che raggiungono punte massime di attesa di 90 e addirittura 265 giorni. In intramoenia invece le strutture riescono ad erogarla in una arco di tempo che va da 1 o 2 giorni a 10, 15 giorni.
Ancora, per l‘ecografia morfologica, (esame da effettuarsi tra la 19esima e la 23esima settimana) nel canale pubblico il tempo minimo può variare da 30 giorni (come previsto dai piani nazionali di contenimento delle liste d’attesa) ad un minimo di 8 giorni, ad un massimo di 104 giorni.
Diventa ancora più complicato trovare la struttura giusta se, per esempio, per una ecografia cerebrale si può attendere da un minimo di 7 giorni ad un massimo di un anno.
Una visita cardiologia pediatrica, nelle strutture che gestiscono tra i 1000 ed i 2499 parti l’anno si può prenotare in meno di un giorno, o la si può ottenere oltre 200 giorni nel canale istituzionale, nel canale intramurario, invece, il tempo massimo rilevato è di 40 giorni.
I costi di una visita ginecologica/ostetrica, variano anche di 100 euro e più da una struttura ad un’altra e vi sono variazioni all’interno di una stessa struttura, dove per la medesima prestazione il prezzo oscilla tra le 70 alle 150 euro.
Nella maggior parte delle strutture è difficile prenotare una prima visita nel percorso garantito dal Ssn con un medico a propria scelta. Sono i punti nascita più grandi a consentire la scelta del medico nel canale istituzionale come prima visita (e solo nel 33% del totale delle risposte). In nessuna delle strutture più piccole e di quelle che gestiscono tra gli 800 ed i 999 p.a. si ha la possibilità di scegliere il medico.
La maggioranza dei reparti monitorati (84%) è ormai dotata di rooming- in; soltanto il 12% non è organizzato allo stesso modo.
Anche qui le strutture con più di 2500 parti annui, a cui si aggiungono quelle con p.a. compresi tra gli 800 ed i 999, sono dotate di rooming-in (100%). Non superano la soglia dell’81% le altre classi.
Nonostante stia crescendo tra le donne la consapevolezza dell’importanza dell’allattamento al seno, dati menzionati dal Piano Sanitario Nazionale 2010-2013 ci dicono che al momento della dimissione dal parto il 90% delle mamme allatta al seno, e che questa percentuale scende con il passare del tempo tanto che, dopo 6 mesi dalla nascita, allatta solo il 52% delle mamme e l’allattamento esclusivo, scende al 37%.
I punti nascita più grandi sostengono la puerpera e l’accompagnano dalle prime fasi dell’allattamento (100%) verificandone l’andamento in più momenti del ricovero (100%), offrendo materiale informativo (100%), verificandone lo stato al momento della dimissione (100%) ed accompagnandola nel post dimissione (100%).
Nonostante nel nostro Paese il numero di bambini nati in Italia da genitori stranieri sia in costante aumento, solo i centri con un numero di parti superiore ai 2500 all’anno sono provvisti, in un caso su tre, di mediatore culturale.
Quanto agli screening neonatali, più della metà dei punti nascita (64%) non esegue il test visivo del riflesso rosso. Nessuna tra le strutture monitorate che gestisce un numero superiore di 2500 p. a. eroga questo tipo di screening. Il test non viene eseguito dal 77% delle grandi strutture (quelle con parti annui compresi tra i 1000 ed i 2499), e dal 50% dei due gruppi di strutture con p.a. compresi tra i 500 e 799 e 800 e 999.
Questa è l’Italia!
Però, pagando si ottiene tutto e in fretta. Vi sembra una sciocchezza quella che ho appena scritto?
Allora ditemi: quanti di voi sono andati da un ginecologo privato in gravidanza?
Io sì!
Il ginecologo che mi ha seguita in entrambi le gravidanze è uno dei medici della Mangiagalli. Riceve privatamente: 170 euro a visita. Ma nessuna attesa, nessuna prenotazione per ecografie, morfologiche, epidurale, amniocentesi, etc.
Lo so, erano tanti soldi. Ma in quel prezzo era inclusa anche la mia serenità di donna incinta, lavoratrice e senza tempo da dedicare alle liste d’attesa negli ospedali.
Ogni cosa ha un prezzo. Io l’ho pagato.
Certo, visto che pago le tasse (troppe), mi avrebbe fatto più piacere ricevere gli stessi servizi dal Ssn.
Ma l’Italia è questa. E io non sono tra le persone in grado di cambiarla!