L’aria si è rinfrescata, si sente.
Alle prime luci dell’alba, ancora sonnecchiante nel lettone, mi avvolgo nelle lenzuola, trovando quel tepore che sa tanto di coccole settembrine. Che bella sensazione!
Me la stavo godendo allegramente, quando un piccolo caterpillar mi è piombato addosso come un macigno: “Mamma, è luce, ci alziamo?”, “Giochiamo al cavallo pazzo?”.
Era, ovviamente, Luca.
“Amore, mettiti qui accanto a mammina, coccoliamoci un po’, è ancora presto!”, gli ho risposto.
Ma lui era già nel pieno delle sue forze.
Non c’è stato verso. Mi sono sollevata a malincuore, mentre mio marito, accanto a me, ronfava ancora beatamente!
Il piccolo, però, non aveva poi tutti i torti, io pensavo fosse alba, in realtà erano le sette e mezza suonate.
Ho alzato tutte le tapparelle. Dopo la pioggia scrosciante del sabato, era finalmente tornato il sole.
Il cielo era terzo, solo qualche nuvoletta qua e là. Il sole splendeva. Ma non faceva caldo.
La giornata perfetta per una bella biciclettata!
“Luca, per favore, vai a svegliare papà. Digli che è ora di alzarsi, dobbiamo andare in bici!!”, ho detto al piccolo. Senza farselo ripetere due volte era già lì, al capezzale del padre a ripetere tutto quello che gli avevo detto, come un perfetto pappagallo ammaestrato! (Sono troppo buffi a questa età!)
Ma tra colazione, chiacchiere e tutto il resto, alla fine siamo usciti alle 11.
Lo, so, nel weekend siamo un po’ lentini!
Pedalando lungo il naviglio ci siamo fermati infinite volte per salutare i coniglietti, per dare da mangiare alle papere e paperotti, per guardare i bambini in canoa, etc.
Ad un certo punto, accarezzato dal vento, Luca si è appisolato.
La testa gli ciondolava.
E allora, poiché eravamo ormai a una trentina di chilometri da casa, abbiamo fatto una deviazione e siamo andati in un grande ipermercato.
Abbiamo preso un carrello, abbiamo realizzato una sorta di materassino e cuscino di fortuna con le cose che avevamo e abbiamo adagiato il piccolo, che ha continuato a dormire beato.
Ormai era ora di pranzo. Ne abbiamo approfittato per ristorarci.
Dopo un bel po’ (erano ormai le tre del pomeriggio) siamo andati fuori per rimetterci in marcia.
Marcia? A nostra insaputa stava venendo giù diluvio universale.
Ogni goccia era una secchiata da mezzo litro.
Il cielo era tra il viola e il nero. Non c’era traccia di azzurro.
“E adesso che facciamo?” ho chiesto a mio marito.
E lui: “Ho già capito cosa vuoi chiedermi. Non ci pensare neanche. Con quest’acqua non mi metto certo in sella per percorrere 30 chilometri, andare a casa, prendere la macchina e tornare qui a prendervi!”
E io: “Ma non era affatto quello che intendevo! Anzi, la mia proposta è: rientriamo dentro e aspettiamo, prima o poi smetterà. In fondo i temporali estivi non durano più di dieci minuti”.
Dopo tre quarti d’ora diluviava ancora!
Alle quattro e mezza finalmente un raggio di sole.
Le bici erano zuppe, e il copri seggiolino di Luca fradicio.
Alla velocità della luce ci siamo organizzati e partiti.
Guardando le indicazioni, abbiamo scoperto che a distanza di un chilometro appena c’era una fermata della metropolitana.
Yeppa che fortuna!
Alle cinque eravamo a casa, sani e salvi!
Stavolta sono stata tradita dalle previsioni: prima di partire mi ero collegata su un sito per vedere il meteo e indicava solo tanto, ma tanto sole e invece…
Come nelle migliori favole, però, tutto è bene quel che finisce bene.
Oppure: e vissero felici e contenti! 😉