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Pronto soccorso pediatrici sempre intasati, la proposta: “Pediatri disponibili h24”

Questo è un dato di fatto: gli accessi al Pronto Soccorso pediatrici negli ultimi anni sono aumentati del 10%.
Sono passati  dai 418 mila del 2002 ai 457 mila del, con alcuni casi limite come il Meyer di Firenze (+76%), l’ O.P. G. Alesi di Ancona (+52%). Incrementi superiori alla media si sono registrati anche al Bambin Gesù’ di Roma (+25%).

Il 70% degli accessi in Italia avviene entro i 6 primi anni di vita. Ma il dato incredibile è che solo l’1% è un codice rosso. Le ragioni, invece, sono spesso disturbi lievi. Il 23% è un codice bianco (non critico, pazienti non urgenti), il 67% verde (poco critico, assenza di rischi evolutivi, prestazioni differibili), il 9% giallo (mediamente critico).

Da questi, forniti nel corso del congresso della Società italiana di pediatria, si evince chiaramente un uso improprio dei Pronto soccorso.

Perché allora portiamo i bambini al Pronto Soccorso? Aspettando, tra l’altro, ore e ore prima di una visita?
“La crescita degli accessi ha varie cause”, ha spiegato Gianni Messi Presidente Simeup (Società Italiana di Medicina dell’Emergenza Urgenza Pediatrica).
 “Alcuni sono correlati all’organizzazione sul territorio: il PS è un presidio aperto 24 ore su 24 che eroga prestazioni tempestive, mentre la pediatria sul territorio non è strutturata per assicurare assistenza h24.
Incide inoltre la possibilità di ottenere visite specialistiche ed esami strumentali più tempestivamente rispetto ai tempi tradizionali di attesa.
Ricordiamoci infine della larga quota degli accessi, in particolare nelle ore serali, che sono rappresentati dai figli di genitori stranieri, nel nostro Paese per lavoro ma senza diritto all’assistenza del pediatra di famiglia. Ciò fa sì che, nonostante la popolazione infantile diminuisca, le richieste di prestazioni urgenti aumentano ad un ritmo del 2-3% l’anno”.

Cosa propongono i pediatri?

Pediatri disponibili ‘h24’ per tutta la settimana, sabato e domenica compresi, affiancati da specialisti ospedalieri, infermieri pediatrici, nutrizionisti, in ‘case della pediatria’ che diventino il punto di riferimento sul territorio per genitori e bimbi.

Una scelta che, a loro avviso, può garantire da un lato una risposta ”efficace” alle nuove domande di salute (con la famiglia che cambia e le malattie croniche che incidono sempre di più), e dall’altro contribuire a superare gli ingorghi che sempre più spesso si registrano ai Pronto soccorso, cui i genitori si rivolgono nella maggior parte dei casi anche quando non servirebbe.

Inserendosi nel dibattito aperto tra Regioni e ministero della Salute sulla riforma delle cure primarie nell’ambito del rinnovo del Patto perla Salute 2013-2015, i pediatri propongono il loro modello di riforma dell’assistenza, che, come ha spiegato all’inaugurazione il presidente Alberto Ugazio, “è il miglior modo per uscire dal pericolo”, in una situazione di risorse sempre più scarse e di numero dei pediatri in caduta libera, ”di abbandonare la pediatria universale e il principio generale che ogni bambino ha diritto ad essere curato dal pediatra”.  

L’ipotesi avanzata dai pediatri è quella di chiudere i piccoli reparti di pediatria e di far confluire i pediatri “dall’ospedale alle ‘pediatric home’ dove potrebbero lavorare “insieme ai colleghi di libera scelta”, rafforzando nello stesso tempo “i centri di eccellenza e i reparti dei grandi ospedali in grado di offrire un’assistenza pediatrica multispecialistica di alto livello qualitativo”.

Garantendo ai genitori un luogo sempre aperto e sempre disponibile si potrebbe così anche riuscire a fermare il fenomeno in crescita degli accessi impropri al Pronto Soccorso.

 Che ne pensate?

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