Viva la Mamma

Perchè i bambini si affezionano alla “coperta di Linus”?

Perché tanti bambini si scelgono una “coperta di Linus” come inseparabile “amico per la pelle”? E perché altri (come i miei figli, ad esempio!) non sembrano essere “affezionati” a nessun oggetto in particolare? Ce lo spiega la nostra Psicologa Amica, la dottoressa Francesca Santarelli.
Che dire, finalmente la nostra Psicologa Amica è tornata! E, come al solito, lo ha fatto con un articolo molto, molto interessante che vi raccomando di leggere!

“Credo che la maggior parte di voi, mamme, abbiate ben presente di cosa sto parlando, ora che vi descriverò quella tenera fase nella crescita dei nostri cuccioli, intorno agli 8-12 mesi, che si definisce “dell’oggetto transizionale“!
Quella famosa, calda e avvolgente “copertina di Linus”, quel morbido peluche, quel fazzolettino anche vecchio e usurato o quel foulard profumato “di mamma” che a un certo punto diventano compagnia fissa e quasi ossessiva per il bambino, oggetti da cui non vuole mai distaccarsi e che gli danno serenità e pace ogni qualvolta li stringe tra le manine. Può essere infatti, qualunque cosa purché gli dia sicurezza quando la mamma è lontana e spesso è il gioco più usato e anche quello più rovinato.
Oggetti che sono una piccola parodia del bisogno di sicurezza e del percorso individuale che ciascuno fa per trovare la propria serenità.
Ecco perché mi piace immaginare che, mentre ogni bambino ha un suo oggetto transizionale, molto spesso invece noi adulti, li sostituiamo con quelli che chiamiamo “portafortuna”.
I bambini, fin dalla nascita, si vivono come un tutt’uno con la figura materna, una sorta di “simbiosi” per cui non riescono a distinguere che in realtà lui e la mamma sono due persone e unità ben distinte e separate.
Quando giungono le prime fasi in cui invece si crea gradualmente questa distinzione, il nostro piccolo deve fare un ulteriore fatica: capire che, anche quando la mamma (cosi come gli oggetti in generale) non sono più davanti alla sua vista, non è perché sono spariti e non ci saranno più, ma che il distacco e l‘assenza sono uno stato transitorio, perche poi la mamma torna, torna sempre!
Questo il bambino non lo sa, non lo capisce subito e deve apprenderlo con l’esperienza reale.
Ecco perché “l’angoscia da separazione” quando la mamma comincia a lasciarlo le prime volte: al nido, dai nonni, in braccio ad altre persone, o una qualsiasi assenza anche breve.
Il bimbo vede sparire la propria mamma e per lui corrisponde ad una sorta di “non c’è più”!
Avete presente quando si fa il giochino del “cù-cù” con i piccolini e ci si nasconde, dapprima dietro le mani, poi dietro un divano…
Quanto sorride quando ricomparite? Questo non è perche si diverte, ma perche si rassicura ed è contento nel rivedervi!
Questo è il primo esempio dell’apprendere il meccanismo del “anche se non mi vedi ci sono, torno”!
Ecco, in questa cornice dobbiamo ricollocare il significato dell’oggetto transizionale!

Sembra strano ma vi è una spiegazione evolutiva al legame che talvolta i bambini manifestano nei confronti degli oggetti: che le cose attorno a noi, quando non le vediamo più NON scompaiono per sempre, non è un informazione innata, ma è qualcosa che va esperito.
Perciò il bambino che lascia la mamma le prime volte ha bisogno di una rassicurazione, di un tramite che gli permetta, non tanto di pensare a lei, quanto sapere che LEI pensa a lui e gli oggetti di cui parliamo, gli danno la certezza di non essere mai soli e sempre nella mente dell’altro.
Il bambino per metabolizzare l’assenza della mamma dapprima sposta su un oggetto il bisogno di contatto, e infine, quando sarà più grande, imparerà a conservare dentro di sé il ricordo della mamma insieme alla fiducia nel fatto che tornerà.
L’oggetto funge quindi da “ponte” fra il legame concreto con la mamma e quello fatto di attese e di capacità di immaginare.
Alcuni genitori si preoccupano della dipendenza del bambino da questi oggetti, o dall’abitudine di succhiare qualcosa, tuttavia si tratta di un attaccamento che non dura per sempre: tutti i bambini si evolvono e maturano, e non è necessario forzarli perché progrediscano sulla strada dell’autonomia, ma solo rispettare i loro tempi.
È sufficiente perciò assecondare quanto già avviene naturalmente nella relazione fra il bambino e la mamma, che con la sua sensibilità saprà capire quando suo figlio sta diventando più autonomo.

E se il bambino non ha un oggetto “preferito”? Non c’è da preoccuparsi e non significa necessariamente che stia saltando qualche tappa obbligata del suo sviluppo emotivo: ci sono molte culture in cui il bambino non si separa mai dalla mamma per i primi anni, in cui non esiste oggetto transizionale, eppure i bambini diventano ugualmente adulti, maturi ed autonomi.
Quando un bambino sperimenta precocemente la separazione dalla mamma, la sua mente non è ancora in grado di comprendere che lei ritornerà, e nemmeno di valutare il tempo che lo separa dal suo ritorno. Per vincere l’angoscia allora ricrea la mamma attraverso la suzione di qualcos’altro, che può essere il suo pollice, un ciuccio, la copertina. Se ha un orsacchiotto, lo abbraccia. Questa soluzione è un ripiego al fatto che non ha la mamma vicino a sé.

Una volta cresciuto, il bambino sa immaginare la mamma quando non c’è, ed è in grado di sopportare meglio la separazione; quindi alla fine non avrà più bisogno dell’orsetto, del dito o del ciuccio.
Questo avviene semplicemente perché la sua capacità cognitiva si è sviluppata abbastanza da poter immaginare la mamma assente e il suo ritorno.
Una volta a scuola, o in situazioni simili più e più evolutive, saprà gestire il suo oggetto, come in realtà lo sa fare a casa, e tornerà a cercarlo solo in momenti di sconforto o di bisogno, di voglia di tenerezza!”

Se volete contattare direttamente la dottoressa Francesca Santarelli, questo è il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com

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