E’ vero che sono una tira l’altra e spesso non ci si riesce a fermare se non quando il pacco è ormai vuoto. Ma io credevo che si trattasse di un semplice “peccato di gola”.
Il gusto del “grasso grasso, unto unto”, il piacere del crock crock. E invece no.
C’è proprio una ragione chimica ben precisa che fa apparire le patatine fritte, e le altre ”schifezze”, come una vera e propria droga, con tutte le conseguenze della dipendenza.
Quindi care mamme e cari papà… occhio ai bimbi. A merenda meglio una bella mela!
I grassi contenuti nelle patatine fritte e nei cibi simili inducono lo stomaco a produrre droghe naturali simili alla marijuana, gli endocannabinoidi, che accendono il segnale di ‘no stop’, cioè quell’irresistibile desiderio di mangiarne ancora.
E’ quanto dimostra il team dell’italiano Daniele Piomelli dell’università di Irvine in una ricerca pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.
La nuova scoperta dell’equipe di Piomelli sembra anche rinforzare l’idea del cibo come droga, che sfrutta cioè gli stessi meccanismi neurali delle droghe per farci cadere nella rete dell’abbuffata senza controllo.
I ricercatori hanno studiato su topolini cosa succede quando mangiamo cibi grassi: il problema inizia sulla punta della lingua, qui i grassi comunicano direttamente col cervello e attivano un sistema di trasmissione che invia un messaggio allo stomaco. I grassi chiedono cioè allo stomaco di indurre il rilascio dalle sue pareti delle droghe naturali dell’organismo, gli endocannabinoidi.
Questi fanno il resto: attivano il segnale che induce a voler ancora quel cibo e quindi finiamo per stramangiare senza riuscire a dire basta. Peraltro altre sostanze contenute nei cibi come le proteine non sembrano avere questo potere “drogante” sullo stomaco.
Quindi? Beh! Io direi che come al solito il giusto sta nel mezzo! Ogni tanto, come premio, le patatine si possono pure concedere, ma non devono diventare una abitudine alimentare!