Tra i due e i quattro anni, si legge nel volume, raccontare piccole bugie è normale e si fa principalmente per evitare le punizioni. “L’arte del mentire” però, si manifesta appieno tra i tre anni e mezzo e i quattro anni e mezzo: l’abilità si affina e questo va di pari passo con un aumento della capacità di riconoscere, da soli, falsità e verità.
L’attitudine a raccontare storie inventate tende poi a calare non appena i piccoli cominciano a frequentare la scuola: i bambini imparano – dice l’autore – che la bugia porta con sé un prezzo a volte troppo alto da pagare, come la perdita della fiducia da parte degli altri. Il valore negativo associato alla bugia, quindi, supera i presunti benefici a cui può portare: di conseguenza l’istinto a farlo diminuisce.
Spero vivamente che questo scrittore abbia ragione perché questo tema, ahimè, mi riguarda proprio da vicino.
Marco, quattro anni a luglio, ogni tanto racconta frottole proprio per evitare le punizioni. Questo, però, mi impensierisce relativamente!
La cosa che mi preoccupa di più, invece, è che si è costruito un mondo tutto suo. Lui abita da solo ad Agnese, un paese immaginario che si trova vicino ad un negozio di animali.
All’inizio mi faceva tenerezza quando lo diceva. Ora non più!
Qualche giorno fa ad un signore che gli chiedeva dove abitasse lui ha risposto proprio che vive ad Agnese, da solo, che non è figlio di nessuno e che se la cava perché ha i superpoteri che gli hanno donato i Gormiti cattivi…
Una pugnalata al cuore mi avrebbe fatto meno male!
Spero tanto che sia una fase passeggera!
Parlandone a lungo con mio marito abbiamo concluso che queste sue azioni verbali e non, come il fatto che tende a scappare, che disubbidisce alle maestre a scuola e anche a noi, che non fa mai le cose che gli vengono chieste, e alla prima occasione, di proposito e consapevolmente, fa qualche monelleria (come far male al fratellino), che si inventa le cose, eccetera eccetera (l’elenco è lungo) sono il suo modo per richiamare la nostra attenzione.
Vuole più attenzione tutta per lui…
Ma come faccio? Se il pomeriggio, quando torno dall’ufficio, devo stare con tutti e due i miei nani, cucinare e fare tutte le altre cose, quando posso dedicargli del tempo in esclusiva?
E poi… è giusto? O deve imparare a condividere spazio, tempo, genitori e tutto il resto con il fratello?
Nel frattempo, in attesa di trovare le giuste risposte ai miei quesiti, i miei sensi di colpa… galoppano!