In generale la sindrome da “stress lavoro-correlato” colpisce un lavoratore su quattro, ma l’indice raddoppia non solo tra le donne in maternità, ma anche tra i loro colleghi d’ufficio a causa delle mancate sostituzioni.
Insomma quello che, teoricamente, dovrebbe essere il momento di vita più bello della donna, se la persona in questione è una donna che lavora, si può trasformare in un periodo difficile e carico di ansia non solo per la futura mamma, ma anche per coloro che lavorano con lei.
I motivi? Per la gestante c’è la preoccupazione della ricollocazione dopo il parto e le possibili tensioni legate all’aggravio di lavoro.
Per i colleghi c’è lo stress per la mancata sostituzione che di fatto aumenta la loro mole di lavoro per un periodo piuttosto lungo.
Ad evidenziare il fenomeno sono le rilevazioni del Laboratorio Fiaso (Federazione italiana delle aziende sanitarie ed ospedaliere) sul ‘Benessere organizzativo’, nato con il contributo della Boeringher Ingelheim.
Basti pensare che in oltre il 60% dei casi le lavoratrici che vanno in maternità in Asl e ospedali pubblici non vengono sostituite per via delle sempre più austere politiche di bilancio imposte dai tagli alla sanità pubblica regionale.
E non pensate che la cosa non riguardi tutti noi. “In ospedale o in ambulatorio – spiega il Giancarlo Sassoli, coordinatore del laboratorio Fiaso e direttore generale della Asl 12 di Viareggio – è comprovato che i sanitari sottoposti a maggior stress da lavoro correlato commettono anche più errori clinici”.
Eppure secondo l’indagine della International Personal Management la “riorganizzazione del benessere aziendale” genera un miglioramento del 30% delle prestazioni individuali.
Non solo, il Rapporto Asfor (l’Associazione Italiana per la Formazione manageriale) dice che il 27,5% delle aziende italiane forma il proprio management per migliorare il benessere lavorativo e la produttività dei dipendenti e dove migliora il “clima interno” la produttività cresce di oltre il 27% e, quel che forse più conta, la customer satisfaction, ossia l’indice di gradimento dei clienti, sale di ben 47 punti percentuali.
Stando a questi risultati e fatti due conti, forse la sostituzione maternità converrebbe a tutti: alla futura mamma, ai colleghi e alla azienda. La futura mamma sarebbe sicura di riavere il proprio ruolo. I colleghi non dovrebbero spartirsi il sovraccarico di lavoro e si stresserebbero e ammalerebbero di meno. L’azienda avrebbe meno personale in malattia, una produttività più alta e una soddisfazione del cliente quasi raddoppiata!
Che ne pensate?