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Anti-infiammatori ai bambini, più cautela nell’uso

Questa è una informazione di servizio che vi riporto pari pari: la Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps) ha invitato a un uso “più attento e consapevole” dei farmaci anti-infiammatori non steroidei (Fans) nei bambini, in particolare ibuprofene e ketoprofene, rimandando a una direttiva dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa).

Secondo i pediatri, negli ultimi cinque anni, a fronte di una crescita delle vendite di questi farmaci, si è assistito a un considerevole aumento di reazioni avverse a tali principi attivi, che spesso sono venduti nelle stesse formulazioni destinate agli adulti. Tra le reazioni segnalate spiccano quelle a carico della cute, seguite da emorragie gastrointestinali e complicanze renali.

“Nei più piccoli”, ha spiegato Leo Venturelli, specialista in Pediatria e componente direttivo Sipps, “è possibile ricorrere ai Fans solo nel caso in cui alla febbre si associ un importante malessere generale, somministrando solamente quelli a elevato indice di sicurezza, paracetamolo o ibuprofene ma non entrambi a distanza di poche ore uno dall’altro, e calcolandone le dosi in base al peso del bambino e non all’età”. Per questo, ha aggiunto l’esperto, “è indispensabile rafforzare adeguatamente l’attività di informazione per aiutare i genitori a utilizzare in modo corretto questa classe di farmaci”.
I Fans sono una classe di molecole che riducono i sintomi di un’infiammazione locale o sistemica. L’uso di questi farmaci prevede, nell’adulto, il trattamento della febbre, di stati infiammatori dolorosi e di malattie croniche, ma in ambito pediatrico l’Aifa raccomanda linee guida più restrittive: la febbre elevata e il dolore, ma solo al bisogno e non continuativamente. In caso di infezioni respiratorie pediatriche, i Fans devono essere usati solo per le manifestazioni dolorose (per esempio l’otalgia o la faringodinia) poiché non esistono studi sulla loro efficacia nel ridurre anche gli altri sintomi. Infine la Sipps raccomanda di valutare attentamente l’esistenza di fattori concomitanti che possano aumentare il profilo di tossicità del farmaco, quali malattie epatiche e renali, cardiopatia cronica, diabete e malnutrizione.

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