Il Nido di vetro

“Il Nido di vetro. Una piccola storia d’amore”.
Sapevo che sarebbe arrivato questo libro. Ma non immaginavo che mi avrebbe letteralmente rapita per ore. L’ho letto tutto d’un fiato ripromettendomi di rileggerlo con calma. Travolgente, toccante, accarezza con delicatezza tutte le corde dell’anima e del cuore. E lì rimane, perché è semplicemente una grande storia d’amore. Di quelle con la A maiuscola, di quelle che lega con un filo sottile ma indissolubile la mamma alla sua creatura.

A scriverlo Giuliana Arena, la blogger di Mamme a Milano. Una mamma che pensava di vivere la sua seconda gravidanza senza problemi, così come era stato con il primo figlio. E invece si è trovata catapultata da un giorno all’altro in un mondo parallelo, quello della TIN, Terapia Intensiva Neonatale.
In un mondo dove non esiste ieri, non esiste domani, ma solo l’oggi, anzi l’adesso. Ora.

Giuliana ha voluto condividere questa sua esperienza con tutti noi. Pagina dopo pagina sembra di essere lì al suo fianco, di vivere ogni attimo con la stessa ansia e con la stessa speranza.

Un libro di grande pathos.

Quanto è stato difficile per te scrivere questo libro, ripercorrere ogni attimo di quel periodo così particolare della tua vita?
Ma soprattutto come hai fatto a ricordare con incredibile lucidità ogni momento a distanza di anni?

Diciamo che l’ho scritto quando mi sono sentita pronta. Fin dai primi mesi dopo l’uscita dalla Tin avevo provato a raccontare questa storia, ma era troppo presto. Poi, quando Matteo aveva quasi quattro anni, mentre lui e suo fratello Tommaso erano in giugno al mare con i nonni, l’ho scritto, nel giro di tre settimane. Mi alzavo la mattina presto e scrivevo fino alla sera tardi, senza uscire, senza quasi mangiare. Sentivo una spinta fortissima. E allora non è stato difficile, ma liberatorio. Ero un fiume in piena, non riuscivo a fermarmi: emozioni forti, immagini vivide trattenute troppo a lungo mi scorrevano davanti.

Sai, è stata un’esperienza talmente incisiva e diversa da tutto quello che avevo vissuto prima, che ogni particolare mi era rimasto impresso indelebilmente. Le persone che ho incontrato, le parole che ho sentito, le storie che ho visto, sono stampate nella mia memoria per sempre. Non ho dovuto sforzarmi, era tutto lì che aspettava di essere scritto. Continua a leggere

La squadra Arcobaleno

Di quanto succede nella scuola calcio dove gioca Luca quest’anno vi racconterò fra qualche tempo. Devo raccogliere bene idee e materiali. Ma poi, ve lo prometto, sarò esplosiva come un vulcano!
Datemi tempo… e ne sentirete delle belle 😉

Ma oggi vi voglio raccontare della lezione che mi ha dato Luca in queste ultime settimane. Una grande lezione di vita. Continua a leggere

A Madesimo tra neve, sci, calcio e ristoranti

A volte le belle occasioni nascono per caso.

Questa è nata proprio così…

“Che fate per il Ponte di Sant’Ambrogio?”, ho chiesto per curiosità al papà di un compagno di calcio di Luca.
“Andiamo a Madesimo con alcuni genitori dell’altra squadra di calcio!”, mi ha risposto.
Io: “Madesimo? Non ci siamo mai stati! Voglio venire pure io!”
E lui: “Non so se ci sono ancora posti, hanno organizzato tutto le “donne”, ma già due mesi fa!”
Io: “Se non ti spiace, mandami il numero del residence e provo a vedere!”

Tutto questo accadeva mercoledì sera 5 dicembre fuori dagli spogliatoi della scuola calcio che frequentano i nostri figli. La scuola è composta da più squadre di ragazzi della stessa età. Loro, i piccoli calciatori, si conoscono perfettamente, noi genitori meno, o comunque di vista, perché giocando le partite in luoghi diversi non abbiamo molte occasioni di ritrovo.

Il giorno dopo mi è arrivato veramente il messaggio su WhatsApp con il nome del residence. Continua a leggere

Non bisogna mai obbligare i figli a chiedere scusa

Non bisogna mai obbligare i figli a chiedere scusa.
Quando ho letto questa frase mi sono detta: “Ma dove stiamo arrivando! Ora non possiamo insegnare ai nostri figli neppure l’educazione?”
Ma leggendo le motivazioni che hanno portato alcuni ricercatori dell’Università del Michigan ad affermare ciò, mi sono ricreduta. Effettivamente le scuse fatte perché obbligati da un adulto producono l’effetto contrario sia sul bambino che le fa, sia su quello che le riceve.
Il bambino obbligato a fare le scuse non capisce l’errore, ma impara che basta dire una parola, “SCUSA”, per non avere altre conseguenze o punizioni. Quindi diventa una soluzione di comodo, di convenienza, d’interesse. Insomma una parola detta per un mero tornaconto personale.
Il bambino che le riceve, percepisce che non si tratta di scuse vere, di un autentico rimorso, e si sente doppiamente offeso.

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Neuropsicofonia: la cura contro l’infertilità da stress

Le “carte sono in regola”: gli esami sono perfetti, il desiderio c’è, l’amore anche. Ma il bimbo non arriva. Perchè? Cosa interferisce? Una della cause potrebbe essere lo STRESS.
Sembra quasi incredibile, ma lo stress libera gli ormoni antigravidanza e diventa un perfetto anticoncezionale anche quando la coppia desidera ardentemente un figlio. Continua a leggere

L’Italia non è un Paese per figli

L’Italia non è un Paese per figli. Una frase difficile da scrivere. Faticosa da leggere. Ma vera.
Terribilmente e incredibilmente vera. Fare figli oggi è un lusso. Un lusso che pochi si possono permettere. Soprattutto se si vuole garantire a questi figli una vita per quanto possibile agiata e serena e un anche un futuro.

Dati alla mano,“in Italia nascono sempre meno bambini, un numero nettamente inferiore rispetto ai decessi (464.000 nati per 647.000 morti – Istat 2017), meno anche rispetto agli anni della prima e seconda Guerra Mondiale. Perdiamo ogni anno circa 180.000 persone, è come se città come Modena o Reggio Calabria fossero azzerate.” Questo l’allarme lanciato da Fabio Mosca, il Presidente della Società Italiana di Neonatologia.

Impressionante vero?

Ma la cosa che inquieta ancora di più è che se si continua così fra 30 anni la famiglia italiana sarà completamente ridefinita. Tre bambini su cinque non avranno fratelli, né cugini, né zii o zie. Avranno soltanto i genitori, la nonna e il nonno. I più fortunati anche i bisnonni, ma saranno pochi, perché si inizia a fare figli in età sempre più avanzata. Continua a leggere

Il viaggio continua: da Zara all’Istria

Come vi ho raccontato ieri, il primo giorno di viaggio, per sbaglio e per errore, abbiamo visitato un pezzo dell’entroterra della Croazia. La parte più rurale e meno turistica, quella fatta di case con le facciate ancora crivellate dai colpi della guerra, alternate a case in costruzione con i mattoni rossi a vista.
Le case erano chiaramente abitate da tempo, anche se senza intonaco e rifiniture esterne.

Essendo nata e cresciuta al Sud Italia questa cosa non mi doveva meravigliare. In alcune zone del Mezzogiorno non è raro trovare case perfettamente arredate all’interno, ma senza intonaco all’esterno.

Eppure in Croazia ho respirato un’aria diversa. C’erano ancora chiari ed evidenti i segni di una guerra non tanto lontana. Un conflitto che ha sicuramente lasciato un segno profondo. E quelle facciate crivellate mi hanno parecchio amareggiata. Pensavo alle persone che erano lì in quegli anni, ai bambini, chissà quanta paura!
Nello stesso tempo, però, si vedeva anche la voglia di ricostruire e ripartire.

Marco ci ha tempestati di domande sul perché di quella guerra. Ma a tante domande, ahimè, non ho saputo dare risposta.
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Un paradiso sulla terra: i laghi di Plitvice!

Luglio 2018.
L’estate che si era appena affacciata non prometteva nulla di buono.
Mio padre doveva sottoporsi ad un lungo ciclo di radioterapia che lo avrebbe tenuto a Milano fino a settembre. Mio marito doveva sottoporsi ad un piccolo intervento operatorio.

I ragazzi fino alla fine del mese erano sistemati presso i vari centri estivi e poi ad agosto sarebbero andati giù in Puglia, ospiti dei tanti zii e parenti che per fortuna non ci abbandonano mai. Avere una GRANDE famiglia è anche questo: sapere che c’è sempre qualcuno pronto a sorreggerti e ad aiutarti nel momento del bisogno.

L’umore non era al TOP, posso confessarlo. Ero arrivata a luglio già abbastanza stremata.
I programmi del weekend che stava per arrivare non erano grandiosi: sabato mattina dovevamo accompagnare mio padre all’aeroporto (i medici gli avevano concesso una settimana di stop prima della terapia!), la domenica mattina mio marito si doveva ricoverare in ospedale.
Era già giovedì.
Nel pomeriggio mi arriva una telefonata. Era mio marito: “Ho sentito adesso il medico. La cura ha funzionato, l’intervento salta”. Ero incredula. Cavolo… Finalmente una buona notizia. Lo richiamo: “Ma… visto che hai dovuto cancellare tutti gli appuntamenti di lavoro, perché non partiamo? Pensaci potrebbe essere l’unica settimana di ferie!”
E lui: “Per andare dove?”
Io: “Boh, montagna, mare, che ci importa. L’importante è partire!”

Venerdì sera ho fatto le valigie. Dentro c’era di tutto dal piumino leggero, al costume da bagno. Destinazione: “Boh!” Continua a leggere

Arrieccomi…

Ieri, dopo tanto tempo che non lo facevo, sono entrata nel Blog per approvare i vostri commenti.
Ormai sono mesi che non scrivo più. Eppure di cose ne sono successe… e anche tante, forse troppe.
Marco ha salutato la scuola elementare e le sue meravigliose maestre. Ora la sua nuova sfida si chiama “Scuola Secondaria dell’obbligo”, in pratica la vecchia e cara scuola media.
Luca frequenta la terza elementare (o per meglio dire la Scuola Primaria dell’Obbligo) e quest’anno ha deciso di lasciare la sua vecchia squadra di calcio dell’oratorio, il tanto amato GSO, per iscriversi ad una scuola calcio. E anche lì… altro mondo. Continua a leggere