Sport e genitori: quando il tifo fa male ai ragazzi

Quante volte noi genitori proiettiamo, forse inconsapevolmente, i nostri sogni irrealizzati o le nostre ambizioni sui figli?
A volte esercitiamo una pressione psicologica su di loro che secondo noi dovrebbe aiutarli, dovrebbe stimolarli, spronarli a fare meglio. Ma in realtà li carichiamo di ansia. Quella che poi si concretizza nella cosiddetta “ansia da prestazione”. E questo accade in vari ambini; scolastico, sportivo…
Ci celiamo dietro un “lo facciamo per il loro bene!”. Ma ne siamo sicuri?

Ne parliamo con la psicologa amica, la dottoressa Francesca Santarelli.
Si parte da un caso concreto: i bambini che frequentano le scuole calcio.
Ma i consigli che ci dà la psicologa sono validi in tutti i campi. E fanno davvero riflettere…

“Quanti sono i bambini che frequentano le scuole calcio? Tantissimi!
Il calcio, si sa, in Italia è lo sport più amato da grandi e piccini.
Partiamo da una domanda: vi è mai capitato di andare a vedere una partita giocata da bambini piccoli, di quelli con le maglie che gli arrivano praticamente alle ginocchia e di trovare sugli spalti genitori (o parenti) che, perso il senso sportivo e civico, sbraitano e assumono atteggiamenti che non dovrebbero mai essere assunti in questi contesti? Sono certa di sì.

La premessa è doverosa: un ragazzo che sceglie di dedicarsi e impegnarsi nel calcio (così come in altre attività sportive) merita un grande rispetto da parte dei genitori che hanno il dovere di incoraggiarlo nello svolgimento dell’attività, ma soprattutto la famiglia deve capire e comprendere che lo sport è prima di ogni cosa divertimento e voglia di stare insieme, senza false ambizioni o inutili gelosie.

Purtroppo invece, capita sempre più spesso che, in particolare nel calcio e nei ragazzi fra i 6 e i 14 anni, il genitore si trovi protagonista o spettatore di episodi incresciosi.

Un occhio attento, ma anche non troppo, scopre che il vero protagonista delle partite giovanili, ovvero colui che è più carico di tensioni, che si è preparato psicologicamente e che si dispera se si sbaglia un tiro in porta, è proprio il genitore.

Ciò che fa ben riflettere è che invece il ragazzino alza le spalle e cancella quasi subito l’errore o la sconfitta e ciò che lo disturba realmente è la predica che lo aspetta a casa.

Da parte del genitore c’è sicuramente il desiderio di realizzarsi attraverso il proprio figlio e a proiettare su di lui aspirazioni che non si è riusciti a concretizzare da giovani.

Il concetto “lo si fa per il suo bene” è molto rischioso, poiché potrebbe diventare un deterrente psicologico, oltre a danneggiare lo sviluppo psicofisico del giovane.

Inoltre sperare che il proprio figlio non commetta mai errori e che possa trarre dalla vita solo gioia e felicità, è sicuramente il più grande desiderio di ogni genitore, ma rimane una condizione utopica ed anzi, l’errore e la sconfitta sono fasi della vita che aiutano a crescere e a formare una sicura personalità.

È invece fondamentale che il genitore stimoli la pratica sportiva, ma lasciando che la scelta dell’attività arrivi dal bambino.

Può inoltre essere utile seguire una traccia di riflessione come quella che segue:

* instaurare un giusto e buon rapporto con l’allenatore, in modo tale che possano arrivare sempre segnali coerenti dagli adulti di riferimento.

* Evitare critiche e commenti o giudizi sui compagni

* Evitare i rimproveri post-partita

* Mantenere sempre e comunque un atteggiamento positivo ed equilibrato evitando un tifo eccessivo, anche per non mettere a disagio il bambino in campo.

* Non interferire con le scelte dell’allenatore

* Abituare il proprio figlio a fare la doccia da solo e quindi evitare di entrare negli spogliatoi.

Ricordate sempre che il genitore utile al calcio e allo sport in generale è colui che

* Rispetta il ruolo dei tecnici

* Stima il figlio nonostante gli errori

* Fa solo critiche costruttive

* Chiede chiarimenti tecnici ai dirigenti per evitare incomprensioni o insicurezze.

Ricordate che il calcio (e lo sport in generale) è prima di tutto rispetto, educazione, valori, voglia di stare insieme, accettazione dei propri limiti, fratellanza, amicizia e sana competizione”.

 


Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio:  www.studiosantarellidecarolis.com 

 

3 risposte a “Sport e genitori: quando il tifo fa male ai ragazzi

    • I miei figli hanno 10 e 12 anni e giocano a calcio da quando ne avevano 8 e 6… Siamo scappati da una società semi professionistica in cui i compagni non erano amici, ma solo compagni di squadra, e fuori dagli spogliatoi nemmeno ci si salutava quasi. Società in cui i genitori urlano ai figli dagli spalti di andarsene negli spogliatoi se l’allenatore non ti chiama a tirare il rigore. Genitori che urlano e insultano arbitri e ragazzini e allenatori… La colpa è sempre nostra… Io dico sempre a mio figlio : “solo due cose contano a fine partita: che tu esca dal campo sudato e sorridente. Sudato perché comunque vada devi impegnarti e dare il meglio, sorridente perché comunque vada devi essere felice di aver potuto giocare”. Il resto deve essere aria fritta.

      • @Nadia bellissima frase:”Solo due cose contano a fine partita: che tu esca dal campo sudato e sorridente. Sudato perché comunque vada devi impegnarti e dare il meglio, sorridente perché comunque vada devi essere felice di aver potuto giocare”. Te le ruberò sicuramente 😉

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *