Dormire nel lettone con mamma e papà: vizi e virtù di una “cattiva”abitudine

santarelli6Far dormire i bambini nel lettone con mamma e papà è una buona o una cattiva abitudine?
Che domandona!
Ci risponde la nostra Psicologa Amica, la dottoressa Francesca Santarelli.
Ecco cosa ci consiglia:

“Spesso i genitori mi chiedono se far dormire il proprio bambino nel letto con loro sia una “buona” o “cattiva” abitudine e nel caso sia una “cattiva” abitudine come fare a modificarla.
La domanda è fonte di preoccupazioni, talvolta serie, di sensi di colpa e di conflittualità tra i coniugi che in merito hanno tendenzialmente idee diverse.
Attribuire un valore assoluto, positivo o negativo, ad un comportamento non è mai la scelta migliore poiché denota rigidità di pensiero e di conseguenza una difficoltà a valutare di volta in volta le situazioni e gli eventi per le loro diverse sfaccettature.
E quali sono queste sfaccettature che consentono di definire questa situazione più o meno buona? Vi offro qualche esempio per comprenderne le differenze:

A) “Carlo e Luana sono i genitori di Gioia, una bimba di tre anni che ha appena concluso l’inserimento alla scuola dell’infanzia, sua prima esperienza fuori casa. Gioia dopo qualche settimana mostra qualche linea di febbre che poi si trasformano in un’influenza vera e propria. La bambina resta a casa, è lamentosa e di notte vuole dormire con la mamma. La mamma, stanca di non riposare alla notte, decide di accontentarla per qualche giorno. Tornata la salute, torna il buonumore di Gioia che rientra all’asilo e anche nel suo lettino.”

B) “Luca è un bambino di 8 anni e dall’età di 3 anni e mezzo dorme con i suoi genitori. Da principio, il bambino si sveglia di notte, urlando in prenda ai cattivi sogni. La mamma per calmarlo lo porta nel letto con loro, fino alla mattina seguente. Andare a dormire con mamma e papà diventa presto un’abitudine. Luca non va più nel suo lettino ma si accomoda nel lettone all’ora di dormire e il papà, per riposare meglio decide di dormire nel letto, ormai da grande, del bambino. Dopo i primi litigi tra marito e moglie per modificare questa abitudine ora appaiono più rassegnati che motivati a cambiare.”

E’ facile intuire che il secondo è un esempio di “cattiva” abitudine ma non per il motivo che ha spinto i genitori ad accogliere nel lettone il loro bambino bensì per la rigidità con cui si è stabilizzata l’abitudine, per il cambiamento nell’assetto coniugale (litigi prima, allontanamento del marito dal letto coniugale poi) e dalla rassegnazione con cui i genitori si rivolgono al problema quasi senza speranza per un possibile nuovo cambiamento.

Ecco alcuni indicatori per riconoscere una “cattiva” abitudine:
– durata nel tempo del comportamento in oggetto (se si protrae più a lungo del bisogno contingente allora è un campanello d’allarme, in ogni caso mai più di qualche settimana di seguito);
– rigidità con cui si presenta l’abitudine (se il bambino non riesce a dormire nel suo lettino quando vi sembra pronto allora si è instaurato un sistema rigido);
– presenza di cambiamenti accessori conseguenza della “cattiva” abitudine (litigi coniugali, un coniuge che decide di dormire in altro letto, riduzione sostanziale dei rapporti intimi tra i coniugi, etc.
– sensazione che l’abitudine instaurata non può più essere modificata se non con un atto di forza eccessivo;
– rassegnazione.

Se nel vostro caso è presente anche solo una delle condizioni sopra menzionate, allora per modificare l’abitudine è necessario l’intervento di uno Psicologo-Psicoterapeuta che vi aiuti a ritrovare la fiducia nell’affrontare il problema e ad esplorare la situazione per comprenderla e modificarla attraverso le manovre più adatte a voi.
Se vi trovate nella situazione del caso A significa che state affrontando un momento delicato della crescita del vostro bambino che vi coinvolge in prima persona e insieme (nel lettone) vi fa sentire più forti, uniti e capaci di affrontarla. E’ una strategia affettiva che aggiunge calore alla famiglia e vi sostiene al tempo stesso. Attenzione, però, perché rifugiarsi troppo a lungo in questo caldo nido può rendere difficile il rientro alla “normalità” con il rischio dell’instaurarsi di tutti quegli indicatori descritti sopra.

L’occhio vigile del genitore deve essere capace di cogliere il momento per ritornare al lettino del bambino e farlo con serenità. Se dovesse permanere il dubbio il bambino se ne accorgerebbe e potrebbe far leva su di esso per non cambiare. Quindi non solo il bambino deve essere pronto ma anche i genitori. In questo, il confronto educativo tra coniugi/genitori è di grande aiuto, se il vostro partner ha un’opinione diversa dalla vostra ascoltatelo con attenzione: potrebbe avere visto qualcosa che voi, ancora, non avete colto. Il lettone può sempre restare quella calda oasi di serenità che riunisce tutta la famiglia la domenica mattina quando non ci sono problemi di orario e tutti hanno fatto un bel sonno conciliatore.

 

Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com 

 

11 risposte a “Dormire nel lettone con mamma e papà: vizi e virtù di una “cattiva”abitudine

  1. Leggendo tutto i commenti…sono una cattiva madre? Il bimbo, ormai 9 anni, dorme costantemente con noi, a volte io vado nel suo letto, perché il padre di rifiuta di lasciare il letto coniugale, ma perché di la non riesce a dormire, dice che è troppo piccolo il letto. Il bimbo ha sempre sofferto di paure, anche da piccolo, l’ho sempre addormentato leggendogli favole e libri per bambini, spesso lo stesso libro per mesi, la stessa canzoni dolce per mesi, eppure dall’età di tre/quattro anni la notte si sveglia e piange, ma in una sorta di sonnambulismo, l’ho sempre tranquillizzato, riaccompagnato nel suo letto, o nemmeno lo facevo alzare, al minimo segnale ero in camera sua, spesso si addormentava nel nostro letto, sempre con favola o storia o canzone e abbracci, ma dopo un paio d’ore sempre la stessa storia, pianti in stato da sonnambulismo…. E io a correre a tranquillizzarlo… Il padre? Mah, forse nei 9 anni di vita ha dedicato attenzioni pre sonno un mese! E sempre se glielo imponevo! Il bambino viene accudito e “gestito” nelle attività del pomeriggio da me, a volte dai nonni e forse per lo 0,1% dal padre, lo stesso vale per ogni cosa che lo riguarda. Ho parlato spesso con il bambino di queste sue paure notturne, ma spesso lui non ricorda nulla, e del fatto di non voler dormire da solo in camera sua dice che si sente solo. Ne ho parlato con un medico, ma non ho trovato risposte adeguate, se non medicinali omeopatici, che non risolvono. Ho spesso suggerito a mio marito di trovare specialisti che ci aiutassero a capire prima di tutto i problemi tra noi due e poi quelli del bambino… Vi lascio immaginare la sua risposta, se dopo 6 anni siamo sempre in questa situazione e il bimbo anche stanotte, dopo che eravamo d’accordo io e lui che avrebbe dormito nel suo letto, non solo alle 23.00 girava per le camere piangendo, alle 3.15 si è svegliato, son andata da lui, l’ho rassicurato, coccolato, gli ho portato l’acqua… Sto facendo di tutto per crescerlo un bimbo bellissimo sotto tutti gli aspetti, eppure le abitudini comportamentali sono più simili a quelle del padre… Non manca nulla dal punto di vista affettivo, da parte mua, ma devo sopperire alla mancanza di un padre, che seppur presente fisicamente, non gli trasmette emozioni, esempi concreti… Sto rivivendo la vita affettiva di mia suocera…e mi spaventa pensare a mio figlio come futuro uomo come suo padre, lui che fino all’età di tre/quattro anni era un bambino solare, gioioso, come lo definivano tutti quelli che lo incontravano. Ora sorride, ma non ha più lo sguardo di prima….

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