Abbandono neonatale: Sin e Ninna ho insieme per mettere fine a questa emergenza


L’abbandono neonatale.
Lo so sembra assurdo, incredibile, inverosimile che una mamma, una famiglia, possa “liberarsi” della sua creatura nei modi più atroci. Abbandonare il piccolo per strada, o peggio ancora nei cassonetti della spazzatura. Ma purtroppo è una realtà. Anzi una emergenza.
Questo fenomeno, infatti, risulta poco conosciuto e sottostimato eppure è tristemente in aumento nel nostro Paese;
Dall’inizio dell’anno sono stati accertati in Italia ben cinque casi di abbandono per strada, in cassonetti o in bagni pubblici; un dato preoccupante che oltre tutto non rende la reale dimensione del problema.
Dietro, donne di tutte le età e le condizioni sociali che vivono con difficoltà la maternità e che per motivi diversi e complessi (gravi disagi economici e sociali, solitudine, disperazione, ignoranza, …) ritengono di non avere alternativa all’abbandono.

Ma un’alternativa c’è.
Perché privare queste piccole creature indifese di una speranza? Di una famiglia che possa accoglierli e crescerli con amore?

Stando ai dati dei Tribunali minorili sulle dichiarazioni di adottabilità, dei circa 550 mila bambini nati vivi in Italia, in media 400 non vengono riconosciuti dalla madre, e di questi ben 84 sono in Lombardia. Numerosi altri abbandoni sono fuori controllo e i ritrovamenti avvengono a volte quando ormai è troppo tardi.

Per questo la SIN, Società Italiana di Neonatologia, da sempre impegnata a tutelare la salute fisica e mentale del neonato e a difenderne i diritti nella società sin dal periodo prenatale, dal 1° luglio avvierà un’indagine conoscitiva a livello nazionale in collaborazione con ninna ho (un progetto ideato nel 2008 dalla Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus e da KPMG Italia, proprio per ridurre e arginare la grave emergenza dell’abbandono neonatale).

L’indagine coinvolgerà oltre 100 centri nascita su tutto il territorio nazionale e prevede la compilazione di un questionario da parte del personale sanitario che assiste il parto, finalizzato a raccogliere dati quantitativi e qualitativi sulle situazioni dei bambini non riconosciuti alla nascita.

Il questionario rispetta l’anonimato della donna e non interferisce con la legislazione vigente – ha dichiarato il prof. Costantino Romagnoli, Presidente SIN – ed è già stato testato in alcuni reparti, dimostrandosi fattibile e non
problematico”.
“Il nostro obiettivo – ha continuato il prof. Romagnoli – è ottenere il massimo delle informazioni possibili dagli abbandoni in ospedale per impostare politiche di prevenzione basate sull’informazione, sulla divulgazione
delle leggi italiane che tutelano il parto in anonimato e, laddove possibile, l’intervento sulle madri prima del parto”.

Ninna ho ha aderito con grande entusiasmo a questo progetto. Dal 2008 i suoi promotori, Fondazione Francesca Rava e KPMG Italia, sono impegnati ad aiutare le donne in difficoltà attraverso l’informazione sulla possibilità consentita dalla legge di partorire in anonimato e attraverso l’installazione di culle termiche salvavita presso un network di ospedali dislocati in tutta Italia. Oltre a questo ha attivato un numero verde multilingue 800 320 023 e un sito internet www.ninnaho.org che fornisce informazioni sul progetto, sulle culle termiche, sulla legislazione vigente, sugli ospedali che aderiscono all’iniziativa.

In questa fase, ninna ho si occuperà ogni tre mesi di raccogliere ed elaborare i dati dell’indagine per conoscere le cause principali dell’abbandono neonatale al fine di individuare, insieme alla SIN, nuovi strumenti e metodi più efficaci per prevenire gli abbandoni in condizioni di rischio.

Nonostante siano numerose le forme di protezione dell’infanzia ed esistano diversi servizi per le donne in difficoltà, la situazione dell’abbandono neonatale in Italia è sempre più preoccupante – ha dichiarato Mariavittoria Rava, Presidente della Fondazione Rava – e questo anche a causa della scarsa informazione riguardo alle forme di aiuto e tutela della donna previste dalla legge”.
La legge italiana tutela il diritto alla vita e, per le madri in grave difficoltà, consente il parto in anonimato – ha proseguito Giovanni Rebay, Partner KPMG – Molte donne però, soprattutto quelle in condizioni di maggiore disagio, ignorano questo diritto all’assistenza. La nostra campagna informativa punta a colmare questo gap di
conoscenza, affinché ogni donna, indipendentemente dalla sua nazionalità, viva l’ospedale come “luogo amico””.

25 risposte a “Abbandono neonatale: Sin e Ninna ho insieme per mettere fine a questa emergenza

  1. Oh finalmente! Ambra: hai ragione su tutti i fronti, la penso esattamente come te, proprio perchè una donna che vuole abbandonare il suo bambino può farlo senza essere giudicata perchè spinta da chissà quali altri motivi ma non sono intenzionata a giustificare l’assassinio di questo bambino! A scrivere qui sembra si voglia essere per forza tolleranti e garantiste ma vorrei sentire cosa dite dentro le mura di casa vostra quando in tv sentite di un’ennesima madre che ha ucciso il suo piccolo: provate a giustificarla o sotto sotto un giudizio glielo date? Una risposta sincera però…..

  2. Ma ragazze, stiamo scherzando???? Con questo “permissivismo” ed eccesso di “empatia” che porta a dire “non giudico” per avere un atteggiamento equilibrato e non aggressivo, stiamo invece facendo passare delle cose abominevoli, senza avere la forza di alzare la voce!
    MA COME NON MI PERMETTO DI GIUDICARE CHI BUTTA UN NEONATO IN UN CASSONETTO???!!!!
    Possiamo non conoscere la sofferenza che c’è dietro queste donne (violentate, con una famiglia che le costringe, segregate ecc) e su questo vi do ragione, non si può capire nè giudicare chi la vive, e chi quindi abbandona (per volontà o contro la sua volontà )un neonato..Come avete detto voi spesso è un gesto frutto della disperazione….MA NON ACCETTO NE’ PERDONO CHI INFIERISCE, CHI UCCIDE O TENTA DI UCCIDERE! Ma scherziamo??!! Allora in questa società gli omicidi sono da “comprendere”??!! Perchè di questo si tratta!!!! Ripeto, ABBANDONARE è una cosa, TENTARE DI UCCIDERE è un altra, e non possiamo, nè dobbiamo, per eccessivo “permissivismo” non permetterci di”giudicare” una cosa di questo genere! ma se non “alziamo” la voce noi, noi alle quali tutto ciò sembra abberrante, chi difenderà i diritti, soprattutto dei più piccoli?
    Possiamo non riuscire ad immaginare (ed averne pietà) della sofferenza di quelle donne, ma mai, dico mai dobbiamo “far passare” la cosa in questo modo!

  3. io concordo con silvia e maria.ci sono situazioni davvero abominevoli.poi è chiato che invece di abbandonare un bimbo nel cassonetto si puó lasciare fuori da un ospedale o da una chiesa…ma non mi permetto di giudicare.
    la ruota peró la metterei in tutte le cittá.

  4. Madre Teresa diceva: Se una madre arriva ad uccidere il proprio figlio (lei parlava di aborto) significa che gli esseri umani hanno perso totalmente il rispetto per la vita e più facilmente possono uccidersi a vicenda.
    Ma chi non ha rispetto e accoglienza per la vita, probabilmente non le sono stati insegnati, o nel suo vissuto non ne ha mai avuto manifestazione. (Pensiamo a quelle situazioni di degrado che ogni tanto vediamo in TV dove la parola d’ordine è:mors tua, vita mea.)
    Bisogna ricominciare a diffondere questi valori.
    Penso che già qualcosa si stia muovendo,ben venga questa fondazione, ben vengano i servizi giornalistici che ci spiegano che si può partorire in ospedale in assoluto anonimato e lasciare li il bambino in totale sicurezza.
    Anch’io quando sento queste storie, mi sento male e mi domando (a volte anche con rabbia), ma non potevi lasciarlo in un qualsiasi posto frequentato da gente che avrebbero potuto soccorrerlo invece di buttarlo nel cassonetto? Come dice SilviaFede noi parliamo da mamme serene che hanno voluto i loro bambini. Non riusciremo mai a comprendere.
    Buona notte a tutte.

  5. @SilvanaVR: hai ragione Silvana, ma noi “giudichiamo” dalla posizione di mamme serene che hanno avuto i loro figli come frutto dell’amore con un uomo, la cosa piu’ bella del mondo…pensa alla situazione psicologica di chi associa alla gravidanza una violenza subita, probabilmente quell’amore istintivo non lo prova e rifiuta il frutto di quell’atto ovvero il bambino, quindi per lei non e’ una vita da proteggere ma un rifiuto d cui sbarazzarsi in fretta… sto provando ad immaginare ma credo di non poter lontanamente capire quali pensieri possano spingere una persona ad agire contro la sua stessa natura…

  6. @SilviaFede hai ragione, di situazioni limite ne esistono migliaia ma anche in quel caso se non lo vuoi lo consegni a chi può dargli ciò di cui ha bisogno.
    Se non lo vuoi amare perchè frutto di violenze, NON PER SUA SCELTA, non puoi cmq usare violenza anche su di lui per vendicarti del male che hai subito, non credi?

  7. Caso limite…avete pensato che il bambino possa essere frutto di una violenza magari prolungata nel tempo, che per donne che frequentano la strada non e’ nemmeno cosi’ assurdo? In quel caso probabilmente la donna non riesce a vederlo come figlio ma come frutto di una violenza…psicologicamente c’e’ una bella differenza…ci sono tante situazioni nel mondo orribili…
    Quello che e’ sacrosanto e’ che ogni bambino dovrebbe avere il diritto di essere amato

  8. sono d’accordo sull’ultimo commento di ransie. qualsiasi sia il motivo dell’abbandono (che non giudico), una creatura innocente NON PUO’ E NON DEVE essere buttata nella spazzatura o gettata nel water come un rifiuto, questa creatura non alcuna colpa e se tu, mamma, hai deciso di portare avanti la gravidanza devi dargli la possibilità di vivere, lasciandolo magari davanti a un edificio abitato.

  9. Io invece penso che proprio perche’ e’ un atto disumano e contronatura, una mamma che rifiuta la sua creatura e la lascia morire, vuol dire che alla base ci sono ragioni gravissime che non posso nemmeno immaginare…purtroppo al mondo ci sono realta’ terribili talmente lontane da noi, per cui pensare che tutte le persone abbiano la liberta’ e la possiblita’ di scegliere e’ sbagliato…
    Poi ci saranno anche i casi di chi pur potendo scegliere compie questo atto e in questi casi mi trovate d’accordo…ma non conoscendo la realta’ non mi permetto di giudicare

  10. Scusate ma più ci penso più mi arrabbio: posto che queste donne abbiamo tanti problemi di fondo che noi non conosciamo e magari non possiamo neanche immaginare, perchè uccidere? Avete voi una giustificazione plausibile del perchè non possano lasciare il loro bambino fuori dalla porta di un ospedale, di un convento di suore, di una casa qualsiasi????? Disperazione o no, ignoranza o no, straniera o no, avvolgilo in una coperta e lascialo alla peggio davanti a una porta e suona il campanello poi scappa se devi scappare ma non ucciderlo!! Chiunque lo troverà ne avrà cura, lo porterà al primo ospedale e gli daranno una famiglia, cosa c’è di così difficile in questo????

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