I dubbi sul sostegno alle neomamme lavoratrici

Ok, ancora non è definitivo. Ok, ancora ci sono tanti punti da chiarire. Ma voi avete capito qual è il vantaggio, o meglio, in cosa consiste concretamente il sostegno per le neomamme contenuto nel Decreto Ministeriale annunciato dal Ministro del Lavoro?

Io sinceramente no. O comunque nutro molti dubbi e perplessità!
Il ministro Elsa Fornero, visti i dati quasi catastrofici sull’occupazione femminile in Italia, ha messo a punto degli interventi specifici volti a favorire il rientro al lavoro delle donne dopo la maternità obbligatoria.
In poche parole, il sostegno prevede lo stanziamento di 300 euro al mese per una durata massima di sei mesi per le mamme con i figli entro il primo anno di vita.
Questo denaro potrà essere utilizzato esclusivamente per pagare le rette degli asili nido (e in questo caso sarà lo Stato a fare direttamente i versamenti) oppure le babysitte (e in questo caso sono stati previsti degli appositi voucher).
Per avere diritto a questo bonus (che sarà assegnato in base al valore dell’Isee) le neo mamme devono però rinunciare al congedo facoltativo previsto entro i tre anni di vita del bambino, durante i quali la mamma percepisce il 30% dello stipendio.

Il mio dubbio?

Perché una neomamma dovrebbe rinunciare al 30% dello stipendio previsto dal congedo facoltativo e quindi rinunciare a trascorrere altri sei mesi con la propria creatura per tornare a lavoro e dare quindi  300 euro alla babysitter?
Oltretutto, almeno a Milano e dintorni, le babysitter prendono circa 10 euro all’ora. Coprire 6 ore al giorno (fino al primo anno di vita ci sono ancora le due ore di allattamento) costerebbe 60 euro al giorno.
Con i 300 euro del Governo si coprirebbero le spese della prima settimana. E per le altre tre settimane del mese?

Conti alla mano questo provvedimento potrebbe convenire solo a chi percepisce uno stipendio inferiore a mille euro al mese e, nello stesso tempo, porta il bimbo al nido. Solo in questi casi i 300 euro potrebbero servire a pagare una parte della retta.

Mi chiedo: per i part time il contributo è valido?

Questo provvedimento è stato accolto con favore da molte associazioni.
Il Moige, Movimento Italiano Genitori, invece ha espresso anche qualche perplessità: “L’iniziativa del governo va integrata nella forma e nella sostanza”. “Innanzitutto – ha affermato Maria Rita Munizzi, la presidente nazionale – il rischio è che non si metta la mamma di fronte a una libera scelta: è un bonus destinato solo ed esclusivamente a sostenere le spese per pagare qualcun altro che si occupi dei figli. Andrebbe parimenti tutelata la madre lavoratrice che volesse dedicarsi pienamente ai propri figli nei primi mesi di vita, fruendo delle agevolazioni previste in tutti i principali Paesi europei, ma ancora assenti in Italia”.

Secondo la presidente, inoltre, “va considerato l’importo molto ridotto del provvedimento: saranno poco più di 10mila mamme in tre anni che potranno beneficiarne e per di più dopo una sorta di gara all’ultimo click”, quello per accaparrarsi’ il bonus. “Si tratta di scelte che rischiano di non incidere realmente nel sostegno alle politiche sulla natalità”.

Che dire? Aspetterò la versione definitiva del provvedimento per capirci qualcosa in più.
Di sicuro si tratta di un passo avanti rispetto alle nostre inesistenti o quasi politiche familiari.
Ma penso anche a tutte le lavoratrici precarie o a partite Iva che in gravidanza non hanno alcuna protezione. Non sarebbe il caso, viste le scarse risorse finanziarie disponibili, di cominciare da lì?

Le lavoratrici dipendenti, almeno, hanno i sei mesi di congedo parentale.
Voi che ne pensate?

11 risposte a “I dubbi sul sostegno alle neomamme lavoratrici

  1. x silviafede: purtroppo a Opera dove vivo il nido comunale non rpima dei 6 mesi e uno privato non prima degli 8 mesi e con costi esorbitanti e cara grazia che ho mia mamma!

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