Una neomamma su 4 perde il lavoro nel 2012

Vi ricordate l’intervento del ministro Fornero di qualche giorno fa? Quello in cui si ribadiva il concetto che in una famiglia hanno diritto a lavorare entrambi i genitori. Anzi, diceva il ministro, DEVONO portare il pane a casa entrambi. E la donna non deve mai essere messa in condizione di dover scegliere tra lavoro e maternità.
Che belle parole!
Quanti giorni sono passati? 8. Solo una settimana.
Giusto il tempo per fantasticare un po’. 
Ora, però, è già tempo di tornare alla realtà. Alla dura e differente realtà. E ad infrangere i nostri sogni ci ha pensato l’Istat che ha pubblicato il Rapporto annuale sulla situazione del Paese.
I numeri dicono cose diverse da quelle predicate dal ministro delle Pari opportunità.
Ecco cosa è emerso dal Rapporto: “Quasi una madre su quattro perde il lavoro in Italia nel 2012, a due anni dalla nascita del figlio. Le neomamme che mantengono il posto di lavoro sono pari al 77,3%, in calo rispetto all’81,6% del 2006”.

SALARI PIU’ BASSI PER LE DONNE
Le minori opportunità di occupazione e i guadagni più bassi delle donne, insieme alla instabilità del lavoro, sono fra le principali cause di disuguaglianza in Italia.
La probabilità di trovare lavoro per le madri rispetto ai padri è nove volte inferiore nel Nord, 10 nel Centro e ben 14 nel Mezzogiorno.
L’instabilità del lavoro genera disuguaglianze soprattutto per i giovani, che rischiano più degli altri di lavorare a lungo come atipici. Il divario di reddito fra uomini e donne è forte, inizia dai redditi medio-bassi e diventa più ampio al crescere del reddito.

NASCONO MENO BAMBINI
Continuano a nascere pochi bambini, nonostante la lieve ripresa osservata dalla metà degli anni ’90.

Nel 2011 il numero medio di figli per donna (1,42) deriva da valori pari a 2,07 per le residenti straniere e a 1,33 per le italiane. La geografia della fecondità si è rovesciata nel corso dell’ultimo decennio: oggi, le regioni più prolifiche sono quelle del Nord (1,48 figli per donna) e del Centro (1,38 figli per donna) dove è maggiore la presenza straniera, mentre nel Mezzogiorno si stimano solo 1,35 figli per donna nel 2011. L’aumento della sopravvivenza e la bassa fecondità rendono l’Italia uno dei paesi più ‘vecchi’.

I giovani restano “figli” sempre più a lungo, tra 25 e 34 anni quattro su dieci vivono ancora nella famiglia d’origine; il 45 % dichiara di restare in famiglia perché non ha un lavoro e/o non può mantenersi autonomamente.

Ed ora qualche nota di colore:

IL 30% DEI MATRIMONI FINISCONO IN SEPARAZIONE

Quasi tre matrimoni su dieci, in Italia, finiscono in separazione. Una percentuale, sottolinea l’istituto nazionale di statistica, raddoppiata in 15 anni. Le unioni interrotte da una separazione, entro dieci anni di matrimonio, sono più che triplicate, passando dal 36,2 per mille matrimoni celebrati nel 1972 al 122,5 per mille nel 2000.

BOOM DI CONVIVENZE PRE-MATRIMONIO

Nel 37,9% dei casi, i matrimoni celebrati in Italia nel 2005-2009 sono stati preceduti da una convivenza, mentre erano appena l’1% di tutti quelli celebrati prima del 1975.

Ahinoi… purtroppo questa è la realtà con cui dobbiamo fare i conti.

27 risposte a “Una neomamma su 4 perde il lavoro nel 2012

  1. Assunta a Roma da un poliambulatorio condotto da medici di base , con la qualifica di segreteria e reception , (con la clausola che per i primi due anni , non avrei dovuto restare in stato interessante ). Ho rispettato l’accordo , ma dopo 15 anni di impeccabile servizio , fortunatamente sono divenuta mamma .Cosa fantastica per me , ma molto meno per i miei datori di lavoro , che cavalcando a loro vantaggio l’attuale crisi economica (impossibile per quattro medici con il full di pazienti assegnati,lo si deduce dalle proprietà immobiliari acquistate negli ultimi anni) hanno creduto bene mettermi in strada con un figlio di 13 mesi . Magari per paura di una seconda probabile gravidanza. Questa è la tutela che il nostro stato offre alle cittadine mamme lavoratrici impiegate in aziende con meno di 15 dipendenti.Neanche con una vertenza sindacale ho ottenuto alcun risultato . Nel pubblico impiego tutto questo è tabù . Stiamo in un paese di M…A.

  2. sono un imprenditore io e mia moglie lavoriamo 18 diciotto ore al giorno per supplire all’assenza di una collaboratrice in maternita con un contratto a tempo indeterminato di 4 quattro ore al giorno.siamo una piccola realta e l’assenza della collaboratrice e la crisi ci hanno messo con le spalle a terra stiamo facendo debiti
    per tenere aperto e naturalmente non posso licenziare la neo mamma ma mi posso indebitare per consentire a lei una serena maternita l’ italia e’ un paese straordinario
    c’e un errore di findo nei vostri post E’ LO STATO CHE DEVE GARANTIRE LA SERENA MATERNITA ALLE LAVORATRICI (per la cronaca questo diritto e’ negato a mia moglie lavoratrice autonoma) NON IL DATORE DI LAVORO
    IO HO UN RAPPORTO DI QUATTRO ORE CON LA N/S COLLABORATRICE NON DI TUTTO LA VITA NON SONO NE IL MARITO NE IL PADRE MA HO LA RESPONSABILITA E L’ONERE DI TUTTO .LA MIA PROPOSTA LA LAVORATRICE IN GRAVIDANZA VIENE PRESA IN CARICO FINO LA TERZO ANNO DALL’INPS E IL DATORE DI LAVORO HA L’OBBLIGO DI CONSERVARE IL POSTO DI LAVORO

  3. Ciao a tutte,
    dal rientro della maternità ne sto subendo di cose:
    sono stata demansionata ed ora ho un trasferimento a ROma da Milano….ma posso abbandonare i miei figli a MIlano?????

  4. Io credo che le donne abbiano il diritto di essere Mamme e Lavoratrici. Con ciò però non riesco a concepire un impegno full time (di quelli con orari assurdi, turni notturni o festivi) per le mamme di bambini piccoli..mi spiego: si fa un figlio e si presume che una mamma si debba e voglia prendersi cura di lui e questo non vuol dire non lavorare ma avere la possibilità di gestire il proprio tempo senza trascurare nè l’una nè l’altra possibilità. Sarebbe grandioso vivere in un Paese dove si possa dare fiducia ad una donna-mamma-lavoratrice e permettere di avere uno stipendio dignitoso con orari flessibili. Io penso che il tempo che si dedica al lavoro debba essere di qualità più che di quantità. Personalmente rendo molto di più quando mi danno la possibilità di gestire i miei orari.
    La carriera dovrebbe essere la conseguenza di un lavoro qualitativo…accanto a me ci sono colleghe – stimatissime dai capi- che restano in ufficio fino alle 20.00 ma dalle 16.00 in poi tutte collegate ai social network..eh però..loro sì che sono valide collaboratrici…evvai coi posti dirigenziali!

  5. Quando i miei bimbi sono malati (in 3 anni Jacopo si è ammalato 2 volte, quest’anno non ha saltato neanche un giorno di nido… X ora sono super fortunata) sta a casa papà. In famiglia sono io che porto a casa lo stipendio più alto (quasi il doppio del suo) e che ha più possibilità (e voglia) di far carriera, l’inserimento al nido lo aveva fatto lui. Però lui lavora il sabato e la domenica e spesso fa il turno di sera tornando a casa tra le 21.30 e le 22.30 quando i bimbi sono a letto. I nostri bimbi raramente hanno entrambi i genitori a casa contemporaneamente.

  6. Buon giorno a tutte\i. Ho letto tutti i post a riguardo e concordo (non potrebbe essere diversamente) con chi si scandalizza per il fatto che una neo mamma perda il posto di lavoro per aver scelto di dare al mondo una creatura; è altrettanto scandaloso che donne appena sposate e ancora senza figli vengano scartate a priori per la “paura” che rimangano incinta.
    Ma secondo me il problema lo stiamo guardando dalla prospettiva sbagliata. Premesso che sono un dipendente (privato) e non un imprenditore, se mi immedesimo in chi ha un’attività ed è consapevole che dovrà fare a meno di una risorsa (magari anche molto valida) per tot mesi perchè in maternità, e che quindi dovrà cercare di rattoppare la cosa sostituendo la stessa con chi ha, nella migliore delle ipotesi, meno esperienza e conoscenza di quell’ambito lavorativo, certamente devo tener conto del danno che io e la mia azienda subiamo, al di là dell’INSINDACABILE libertà di una donna di diventare madre quando lo ritiene opportuno.
    Si crea comunque una falla all’interno dell’ingranaggio e non si può pretendere che il datore di lavoro si rallegri per la maternità a discapito della propria attività.
    Se la neo mamma ha tutte le ragioni dalla sua, il datore di lavoro non ha tutti i torti.
    A mio avviso è il sistema che è sbagliato; se si garantisse all’imprenditore la possibiltà di accedere a risorse egualmente capaci e affidabili in sostituzione della neo mamma, rendendo il mondo del lavoro più flessibile in entrata e in uscita, NON PRECARIO com’è stato sin’ora, credo che il datore di cui sopra non avrebbe alcun interesse a licenziare una propria collaboratrice perchè ha appena partorito.
    Si incentiverebbero le donne a diventare mamme senza farsi mille paranoie, altre persone in cerca di occupazione avrebbero più occasioni di affacciarsi nel mondo del lavoro acquisendo esperienze e competenze varie ed eterogenee che potrebbero spingere a non cercare il “lavoro della vita” ma a prendere in considerazione l’idea di rivestire molteplici figure e ruoli.

    Come attuare in pratica ciò che in teoria sembra l’uovo di colombo? Boh! Non sono un esperto in materia, ma so che questo dovrebbe essere il proncipio ispiratore di chi pretende di mettere mano sulle dinamiche del mondo del lavoro.

    Ciao

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