I bambini e le loro prime piccole frustrazioni: che fare? Che atteggiamento assumere?

Silviafede la settimana scorsa ci ha scritto: “Volevo cogliere l’occasione per fare una domanda alla dottoressa: da quando è iniziata la scuola materna Federico si arrabbia moltissimo quando non riesce a fare qualcosa.  Ha fatto grandissimi progressi nel disegno ma se mentre disegna qualcosa non gli riesce come vorrebbe fa una tragedia, strappa il foglio, smette di disegnare o si mette addirittura a piangere. Così pure nel vestirsi da solo (sta imparando adesso) se si mette le scarpe al contrario o non riesce ad infilarsi la felpa… Come devo comportarmi? Io cerco di rassicurarlo dicendogli che sta imparando cose nuove è normale non fare subito tutto bene, ma lui si mortifica e a me dispiace tanto. Ho pensato che forse vorrebbe essere già come i suoi compagni di 5 anni, ma ovviamente non è possibile… può aiutarmi?”

 La risposta della nostra Psicologa amica, dottoressa Francesca Santarelli, non si è fatta attendere. Ecco cosa ci dice:

Fino a circa 3 anni i bambini vivono in una lunga fase di egocentrismo, dominati da un forte senso di onnipotenza (spesso alimentato un po’ troppo da alcuni genitori) che li rende convinti di poter “essere”  e di poter  fare tutto ciò che  hanno in mente.

Tutto questo finché non cominciano a scontrarsi con la realtà e a confrontarsi con quelli che possono essere i propri limiti e difficoltà, imparando cioè che le cose non vanno sempre come loro vorrebbero! Questo può essere facilitato anche dal confronto con altri bambini più grandi o “capaci” rispetto a ciò con cui lui invece fa più fatica.

In alcuni bimbi, per una combinazione di più fattori che possono essere un mix tra temperamento caratteriale, relazioni comunicative basate su un “innalzamento costante della propria autostima”, risposte date dai singoli genitori, predisposizione cognitiva al perfezionismo, ecc.., il non essere in grado di fare delle cose, li predispone ad un vissuto di incapacità e inadeguatezza, andando a influire sul suo livello di autostima.

Abbassandosi quest’ultimo, si rischia che si abbassi anche la sua voglia di mettersi alla prova in futuro, in quanto un ulteriore insuccesso lo farebbe sentire ancora più incapace, e la sua autostima, potrebbe andare a precipizio.

Al di là di questo meccanismo che può avere origini diverse da situazione a situazione, la cosa in comune a tutte (e molto più importante in ogni caso) care mamme, è che il bambino cominci a confrontarsi con l’emozione della frustrazione, cioè che si confronti anche con lo sconforto, con il non riuscire, con la rabbia e la tristezza.

Lo so che va contro natura all’istinto primario di ogni mamma, che fa sempre di tutto affinché il proprio cucciolo sia sempre sereno e soddisfatto, ma noi tutte sappiamo, che non potremo proteggerlo per sempre e che il mondo, fuori dalle pareti di casa, lo porrà sempre di fronte a emozioni di questo tipo, ed è per questo che dobbiamo insegnargliele noi, anche nelle piccole cose, facendo da “contenitori” e da “specchio” e insegnando loro che quella frustrazione lì si può imparare a tollerare.

E quindi, i bambini devono imparare una regola di vita fondamentale: si prova, si sbaglia, ci si corregge e ci si impegna, poiché qualunque cosa richiede sforzo, tenacia, e anche un notevole dispendio di energie. Mi rendo conto che, detto così, può sembrare una condanna ai lavori forzati, ma non è così, anzi! Gli stiamo insegnando le basi per affrontare il suo ingresso nel “mondo” di domani e lo aiutiamo a rafforzare la propria autostima e a diventare più forte.

Nel caso della mamma che scrive, l’unico consiglio che mi verrebbe da darle quindi, è di accettare e tollerare prima di tutto lei “il non riuscire” del suo bimbo e le sue crisi di rabbia o di pianto! Se lei si farà vedere tranquilla e non spaventata, al di là di ogni parola o discorso che lei possa fare, sono sicura che il suo bimbo leggerà quella forma di accoglienza nei suoi occhi e imparerà che può tollerare e accettare i suoi limiti, la frustrazione che non tutto accade come vorremmo e le sue difficoltà e tempi personali di apprendimento.

Può ad esempio rispondergli: “ Capisco che ti sei arrabbiato, posso aiutarti? Posso farti vedere come si fa questo gioco?”

E, contemporaneamente, invito a riflettere su quest’ altra cosa importante: ogni mamma cominci a fare i conti con le aspettative che ha nei confronti del proprio figlio: sono sicurissima che nessuno mai, dica ai propri bimbi che sono incapaci, non bravi, brutti e cattivi, ma è anche evidente che, se un bambino ha le reazioni descritte da questa mamma, forse involontariamente, c è stato una qualche forma di elaborazione personale di un messaggio di “incapacità” che qualcuno gli manda, magari a livello subliminale.

Sono sicura, come sempre, che voi mamme che ce la mettete sempre tutta!

Oserei aggiungere che anche la nostra Psicologa amica ce la mette sempre tutta nel darci dritte e buoni consigli! Grazie…

Se volete contattare direttamente la dottoressa Francesca Santarelli, questo è il sito Internet del suo studio: www.studiosantarellidecarolis.com

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